Martirio di Santa Lucia la vergine[1]
Benedici, signore[2].
La fama della gloriosa e vittoriosa martire Agata[3] si diffondeva in tutta la provincia per i miracoli che operava, e anche i siracusani si recavano nel sacro tempio della martire per venerarla. Nel giorno della festa di sant’Agata, andò con loro Lucia, vergine tra le più nobili della città di Siracusa, insieme a sua madre Eutichia. Questa da quaranta anni era emoroissa, e molto aveva speso per medici, senza trovare rimedio alla malattia. Nell’ascoltare il vangelo dell’emorroissa – toccando il lembo della veste del nostro signore Gesù Cristo, essa fu guarita – santa Lucia disse: “Mamma, se credi a quel che è stato letto, crederai anche che Agata, avendo patito per Cristo, può liberamente parlare nel tribunale di Cristo. Tocca il suo sepolcro con fede e sarai liberata dal male”.
Compiuti i sacri riti, quando tutti si ritirarono, si avvicinarono alla tomba, e prostrate pregavano la martire piangendo. Dopo aver pregato a lungo, Lucia fu presa da un sonno profondo. Vede in sogno sant’Agata, fra schiere degli angeli e molto splendidamente vestita, che le diceva: “Lucia, sorella mia, vergine di Dio, perché chiedi a me quel che puoi dare tu? La tua fede ha giovato a tua madre, ed essa è guarita. Non solo: come la città di Catania riceve da me beneficio, così anche la città di Siracusa sarà custodita da te, per grazia del signore nostro Gesù Cristo, poiché per Cristo hai conservato la tua verginità”.
Santa Lucia si sveglia e, levandosi molto turbata, dice alla madre: “Mamma, eccoti guarita per grazia di Cristo e della martire; la tua preghiera è stata esaudita. Non parlarmi più di sposo, però, né desiderare di vedermi partorire figli; tutta la dote che vuoi darmi per sposare un uomo mortale, dammela ora per lo sposo immortale, il nostro signore Gesù Cristo che ci promette l’abbondanza dei doni”.
Sua madre rispose: “Lucia, figlia mia, gli averi di tuo padre io li ho conservati integralmente e ne ho aggiunti. Dopo la mia morte, prendi tutti i miei beni e quelli di tuo padre”. Lucia disse: “Mamma, se vuoi rendere grazie a Colui che ti ha beneficato, donagli i beni; ciò che devi restituire dopo morta, regalalo ora; ciò che hai acquistato, portalo a Cristo”.
Tornarono a Siracusa, e facevano ancora gli stessi discorsi. Quando iniziarono a vendere i beni per distribuirli ai poveri, venne a saperlo il fidanzato di Lucia: preoccupato, chiese alla madre di Lucia perché vendevano gioielli, vestiti e terreni. Quella disse: “La tua fidanzata ha trovato un terreno che rende mille denari l’anno e lo vuole acquistare a nome tuo”. Quegli, rassicurato, andò via, dicendo che avrebbe collaborato con metà della somma. La fanciulla vende così ogni bene e lo distribuisce ai bisognosi – vedove, orfani, forestieri – e a tutti i servi di Dio.
Ma il fidanzato viene a sapere che Lucia praticava gli adoratori di Cristo e infuriato presenta denunzia all’arconte Pascasio[4] dicendo: “Mi sono fidanzato con una fanciulla di nome Lucia, la quale non obbedisce all’editto degli augusti imperatori, ma onora Cristo”. Allora Pascasio, fatta arrestare santa Lucia, le ordinava di sacrificare agli dei. Lucia rispose: “Sacrificio gradito a Dio è visitare le vedove, gli orfani e i forestieri afflitti e in miseria. Da tre anni offro tali sacrifici a Cristo, vero Dio, spendendo ogni mio avere. Ora che non ho più nulla da sacrificare, sacrifico me stessa a Cristo Dio quale vittima vivente; egli faccia quel che gli piace dell’offerta che gli appartiene”.
Affresco di S. Lucia,
catacombe di S. Giovanni, Siracusa
Pascasio disse: “Queste parole vai a dirle ai cristiani stupidi come te; io osservo la legge di Cesare e non posso ascoltare queste chiacchiere”. Lucia disse: “Tu osservi i decreti dei tuoi imperatori; io osservo la legge di Dio giorno e notte. Tu hai paura dei loro ordini; io temo Dio; tu non vuoi disubbidire a quelli: come posso disubbidire a Dio? Tu ti preoccupi di piacere a loro e io di essere gradita a Dio. Tu fai ciò che credi ti sia utile, io faccio ciò che è utile alla mia anima”.
Pascasio disse: “A chi hai dato il tuo patrimonio? A uomini dissoluti?” Lucia rispose: “L’ho messo al sicuro, e la mia carne non ha conosciuto alcuna dissolutezza”. Pascasio disse: “Tu sei tutta dissoluta, nell’anima e nel corpo”. Lucia rispose: “Voi siete la dissolutezza del corpo, dei quali l’Apostolo dice: I cattivi discorsi corrompono i buoni costumi. Voi corrompete le anime degli uomini contro il Dio vivente, per servire al demonio e agli angeli suoi che sono nella corruzione; voi anteponete il piacere che fugge ai beni eterni e all’eterna beatitudine”. Pascasio disse: “Basta con i tuoi discorsi, passiamo alla pena”. Lucia rispose: “Non si può far tacere la parola del Signore”. Pascasio disse: “E che, sei Dio?” Lucia rispose: “Io sono la serva del Dio eterno. Egli ha detto: Quando sarete condotti davanti ai re e agli arconti a causa del mio nome, non preoccupatevi del come o di ciò che dovrete dire, perché non sarete voi a parlare, ma il Santo Spirito”.
Pascasio disse: “In te dunque è lo Spirito santo?”. Lucia rispose: “L’apostolo dice: Chi vive saggiamente e piamente è tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in lui”. Pascasio disse: “Io ti farò condurre nel lupanare, affinché fugga da te lo Spirito santo”[5]. Lucia rispose: “Non è corrotto il corpo se non dal consenso della mente. E se anche nelle mie mani mettessi incenso e le mie mani offrissero un sacrificio, Dio conosce la volontà di ciascuno, poiché è giudice della coscienza; se tu ordini che io subisca violenza contro la mia volontà, la mia verginità avrà una doppia corona”.
Pascasio disse: “Io ti farò sverginare pubblicamente, se non ubbidirai agli ordini degli imperatori”. Lucia rispose: “Non potrai violentare la mia volontà perché consenta al peccato. Ecco il mio corpo: di che hai paura? Fa’ ciò che vuole il demonio”.
Allora Pascasio ordina ai lenoni di prenderla e di convocare tutto il popolo per la sua turpitudine, affinché, dopo essere stata violata, sia messa a morte. Come fecero per trascinarla verso il lupanare, il Santo Spirito la rese così immobile da non potere essere in alcun modo mossa. Venne a spingerla un gran numero di soldati: si sfinivano ma non riuscivano a nulla; la vergine di Cristo restava immobile. La legarono mani e piedi e cominciarono a tirarla, ma rimaneva ferma come una montagna. Allora l’arconte, agitato, chiamò maghi, indovini e sacerdoti degli idoli, e comandò che pregassero gli dei per smuoverla; ma non poterono smuovere la martire. Allora Pascasio ordina di aspergerla d’urina, credendo ai maghi e ai sacerdoti: dicevano che stava immobile per effetto di magia. Poi ordina di portare molte paia di buoi, per vedere se potessero trascinarla, e neppure così riuscirono a muovere la vergine di Dio. Il Santo Spirito la custodiva immobile, come potevano smuoverla le mani dei peccatori?
Le reliquie di S. Lucia a Venezia
Pascasio disse “Quali sono le tue magie, Lucia?” Lucia rispose: “Non sono magie, è la Potenza di Dio”. Pascasio disse: “Come mai, fanciulla, non possono smuoverti in mille?” Lucia rispose: “Se me metti altri diecimila, saranno vinti e udranno il Santo Spirito dire in me: Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma a te (Satana) non si accosterà”.
Si tormentava dunque lo stolto nell’animo e si arrovellava la mente con quale pena potesse far perire la vergine. Santa Lucia gli disse gridando: “Miserabile Pascasio, perché ti rattristi? Perché sei pallido di furore? Perché ti consumi nei pensieri? Hai avuto la prova che io sono tempio di Dio: credi dunque o resti lontano dalla fede?”. All’udire queste parole, di più si infuriava. Allora ordina ai servi di accendere un gran fuoco intorno a lei e di gettare nel fuoco pece, resina, fiaccole e olio, perché più presto la vergine fosse consumata, poiché lo offendeva in pubblico. E quella rimaneva immobile nel nome del Signore e gli diceva: “Ho pregato il Signore nostro Gesù Cristo, affinché questo fuoco non si impadronisse di me e potessi a te apparire credente nel segno della croce di Cristo; ho supplicato che la mia lotta si prolungasse, per mostrare ai credenti in Cristo la potenza del martirio e per togliere ai non credenti l’accecamento”.
Gli amici dell’arconte lo pressavano affinché fosse finita con la spada. Allora santa Lucia, piegate le ginocchia, pregò e disse ai presenti: “Ecco: vi annunzio che è stata data pace alla Chiesa di Dio. Diocleziano abdicherà dall’impero e Massimiano oggi morirà. E come la città di Catania onora sant’Agata, così anche voi onorate me, per grazia del Signore nostro Gesù Cristo, osservando di cuore i suoi comandamenti”. Avendo così parlato, ebbe il capo reciso il 13 dicembre.
Nello stesso luogo ove rese lo spirito, le fu edificato un tempio; nel quale, per la sua intercessione, ottengono grazia e guarigione dalle malattie coloro che con fede si appressano ai suoi resti mortali, glorificando il Signore nostro Gesù Cristo, cui è gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amin.
Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/Lucia.htm
Immagini:
http://photos1.blogger.com/blogger/222/1511/1600/CorpoS.Lucia.jpg
www.oca.org[1] Nella tradizione ortodossa dell’Italia Meridionale: ed. G. Rossi Taibbi, Martirio di santa Lucia – Vita di santa Marina, Palermo 1959.
[2] La lettura è collocata dopo la sticologia del salterio e dopo l’Ode III (o VI) della celebrazione notturna.
[3] Agata subì il martirio a Catania attorno al 250. L’ufficiatura della Chiesa ortodossa per la sua festa (5 febbraio), ricorda un episodio dal sapore curiosamente orfico: un angelo depose nella tomba della martire una làmina con incisa una misteriosa scritta, interpretata come acrostico di Intelletto santo, libero nel volere, onore da parte di Dio e liberazione della patria.
[4] All’epoca in cui fu redatta la Passio, si conservava stranamente il ricordo del Collegio attico di nove arconti, sei dei quali – i tesmotèti – amministravano la Giustizia.
[5] I Romani – anche se idolatri – non osavano giustiziare le vergini.