Hierotheos F. Vlachos
LA SPIRITUALITà ORTODOSSA
Cos’è e qual’è il suo senso
Il presente capitolo è tratto dal libro Orthodox Spirituality del vescovo-metropolita di Nafpaktos Hierotheos F. Vlachos. Il presente sito preferisce non parlare in termini di “spiritualità” per non cadere nel rischio che la spiritualità ortodossa sia una delle tante spiritualità che contraddistinguono il mondo cristiano e, più ampiamente, quello della religiosità. Con tale prospettiva si potrebbe sommariamente e comodamente concludere che tutto è uguale a tutto. Tuttavia, se si vuole essere cristianamente chiari, si deve dire che esiste una sola spiritualità perché esiste una sola fede e una sola Chiesa, dal momento che uno solo è il Cristo. Ovviamente, in prospettiva ortodossa, tutto ciò non significa piatta uniformità. Inoltre, siccome per sua naturale disposizione, l’uomo è in grado di giungere alla pienezza in Cristo solo poco per volta e, a volte, lottando tra contraddizioni, peccati ed errori, siamo consapevoli che la necessaria chiarezza appena esposta corre il rischio d’essere interpretata come se fosse un letto di Procuste. Molti potrebbero erroneamente pensare d’essere stati esclusi dalla possibilità d’un maggiore inserimento nel mistero salvifico cristiano. Bisogna comunque dire che una cosa è la pienezza che deriva dalla comunione con Dio alla quale si dispone il singolo con le sue scelte, un’altra è la progressiva mancanza di tale pienezza determinata dal crescente oblio umano di Dio.
Chiarito che la “spiritualità” ortodossa non ha a che vedere con altre spiritualità, ben volentieri inseriamo questo articolo consigliando il lettore a considerare attentamente le sapienti osservazioni del vescovo di Nafpaktos, precisazioni che circostanziano il discorso e non inducono a cadere nella grande confusione che tipicizza il nostro tempo.
Prima di tutto è necessario definire i termini “spiritualità” e “ortodossa”. Non possiamo parlare di “spiritualità ortodossa” a meno di non conoscere esattamente ciò che intendiamo con queste due parole. Questo è quanto hanno fatto pure i Santi Padri della Chiesa. Nel suo eccezionale libro La Fontana di conoscenza e, più specificamente nelle sezioni intitolate Capitoli Filosofici, San Giovanni di Damasco analizza i significati di queste parole: sostanza, natura, hypostasis, persona, ecc. Dal momento che questi termini possono essere definiti differentemente in altri contesti, il santo spiega come sono da lui definiti.
L’aggettivo “ortodosso” proviene dal termine “Ortodossia” e indica la differenza tra la Chiesa Ortodossa e ogni altra denominazione cristiana. La parola “Ortodossia” indica la vera conoscenza di Dio e della creazione. Questa definizione è offerta da sant’Atanasio del Sinai.
Il termine Ortodossia consiste di due parole: orthos (vero, diritto) e doxa. Doxa significa, da una parte, credenza, fede, insegnamento e, dall’altra, lode o dossologia. Questi due significati sono strettamente connessi. Il vero insegnamento di Dio include la vera lode; infatti se Dio fosse un concetto astratto, la preghiera verso di Lui sarebbe pure astratta. Dal momento che Dio è personale allora la preghiera presume un carattere personale. Dio ha rivelato la vera fede, il vero insegnamento. Per questo diciamo che l’insegnamento su Dio e su tutte le questioni associate alla salvezza della persona sono la Rivelazione di Dio e non una scoperta umana.
Dio ha rivelato queste verità a chi si è preparato a riceverLo. È questo che l’apostolo Giuda esprime quando dice: “... la fede, ... fu trasmessa ai santi una volta per tutte” (Gd, 3). In questa citazione come in molti altri simili passi è chiaro che Dio si rivela ai Santi, cioè a coloro che hanno raggiunto un certo livello di crescita spirituale per poter ricevere tale Rivelazione. I santi Apostoli sono prima stati “guariti” e in seguito hanno ricevuto la Rivelazione. Essi hanno trasmesso questa Rivelazione ai loro figli spirituali non solo nell’insegnamento ma, primariamente, facendogliela riconoscere attraverso i suoi mistici effetti determinati dalla rinascita spirituale. Affinché questa fede possa essere conservata, i Santi Padri hanno formulato dogmi e dottrine. Accettando dogmi e dottrine si riceve questa fede rivelata, si rimane nella Chiesa, si viene guariti. Per fede s’intende, da una parte, la Rivelazione ricevuta da coloro che sono stati purificati e guariti e, dall’altra, il percorso diritto per raggiungere la theasis [visione] imboccato da coloro che scelgono tale via.
La parola “spiritualità” (pnevmatikotis) proviene da “spirituale” (pnevmatikos). Così, la spiritualità è lo stato della persona spirituale. L’uomo spirituale ha un certo modo di comportarsi, una certa mentalità. Agisce differentemente dal modo con cui si comportano le persone non spirituali.
La spiritualità della Chiesa Ortodossa, comunque, non conduce ad una vita religiosa astratta; non è neppure il frutto della forza intima dell’uomo. La spiritualità non è una vita religiosa astratta perché la Chiesa è il Corpo di Cristo. Non si riferisce semplicemente ad una religione che crede teoricamente ad un Dio. La Seconda Persona della Santa Trinità – il Logos – ha preso per noi la natura umana, l’ha unita con la sua hypostasis [persona] ed è divenuto la Testa della Chiesa.
Così la Chiesa è il Corpo dell’Uomo-Dio Cristo. Inoltre, la spiritualità non è una manifestazione dell’energie dell’anima come lo è la ragione, i sentimenti, ecc. È importante affermarlo perché molte persone tendono ad identificare una persona spirituale con chi coltiva le proprie abilità con i ragionamenti: uno scienziato, un artista, un attore, un poeta, ecc. Questa interpretazione non è accettata dalla Chiesa Ortodossa. Certamente non siamo contro scienziati, i poeti, ecc. ma non possiamo chiamarli “persone spirituali” nel senso strettamente ortodosso del termine.
Nell’insegnamento dell’Apostolo Paolo, l’uomo spirituale è chiaramente distinto dall’uomo dell’anima. Spirituale è l’uomo che ha l’energia dello Spirito Santo. Mentre l’uomo dell’anima è colui che ha corpo ed anima ma non ha acquisito lo Spirito Santo che dà vita all’anima. “L’uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. L’uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno” (1 Cor 2, 14-15).
Nella stessa Epistola, l’Apostolo Paolo disegna la distinzione tra l’uomo spirituale e l’uomo della carne. L’uomo della carne è colui che non ha lo Spirito Santo nel suo cuore ma è caratterizzato da tutte le altre funzioni psicosomatiche dell’essere umano. Perciò è evidente che il termine “uomo della carne” non si riferisce al corpo, ma significa l’uomo dell’anima che manca del dono dello Spirito Santo e opera al di fuori di ciò. “Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come ad esseri carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche ora lo siete; perché siete ancora carnali: dal momento che c’è tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana?” (1 Cor 3, 1-3).
Se combiniamo i passi sopra menzionati con l’adozione per grazia del cristiano, accertiamo che, secondo l’Apostolo Paolo, spirituale è l’uomo che per grazia è divenuto figlio di Dio. “Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete. Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: ‘Abbà, Padre!’. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rom. 8, 12-16).
Spirituale è l’uomo che è testimone dello Spirito Santo nel suo cuore ed è consapevole pure dell’inabitazione del Dio Triunico e Santo. In questo modo, egli comprende che è figlio di Dio per grazia; perciò nel suo cuore grida “Abba, Padre”. Secondo la testimonianza dei Santi questo profondo grido del cuore è essenzialmente la preghiera noetica o preghiera del cuore.
San Basilio il Grande esaminando la frase “l’uomo diviene il tempio dello Spirito Santo”, insegna – ispirato da Dio – che l’uomo che è divenuto Tempio dello Spirito Santo non è turbato da tentazioni e continue distrazioni; cerca Dio e ha comunione con Lui. Chiaramente, l’uomo spirituale è colui che ha lo Spirito Santo e questo è confermato dal suo ininterrotto ricordo di Dio.
Secondo a San Gregorio Palamas, proprio come l’uomo dotato di ragione è chiamato razionale, allo stesso modo l’uomo che è arricchito dello Spirito Santo è chiamato spirituale. Così spirituale è l’“uomo nuovo”; rigenerato dalla grazia dello Spirito Santo.
Queste stesse prospettive sono condivise da tutti i Santi Padri. San Simeone il Nuovo Teologo, per esempio, dice che l’uomo prudente, paziente e mite, che prega e vede Dio, “cammina nello spirito”. Egli è l’uomo spirituale per eccellenza.
Di nuovo, secondo San Simeone il Nuovo Teologo, quando le parti dell’anima umana – il nous[1] e l’intelletto – non sono “vestite” nell’immagine di Cristo, l’uomo è considerato “della carne”, dal momento che non ha il senso della gloria spirituale. L’uomo della carne è come una persona cieca che non può vedere la luce dei raggi del sole. Infatti egli è considerato sia come cieco sia come privo di vita. Contrariamente, l’uomo spirituale, che partecipa alle energie dello Spirito Santo, è vivo in Dio.
Come abbiamo sopra sottolineato, la comunione dello Spirito Santo rende l’uomo della carne spirituale. Per questa ragione, secondo l’insegnamento Ortodosso, l’uomo spirituale per eccellenza è il Santo. Certamente, questo è detto perché il Santo partecipa a vari gradi della grazia increata di Dio e, specialmente, dell’energia deificante divina.
I Santi sono portatori e manifestatori della spiritualità ortodossa. Vivono in Dio e conseguentemente possono parlare di Lui. È in questo senso che la spiritualità ortodossa non è astratta ma incarnata nelle persone dei Santi. Così, i Santi non sono gente buona, dei moralisti nel senso stretto del termine o, semplicemente, coloro che sono “naturalmente buoni”. Piuttosto, i santi sono coloro che sottopongono tutti i loro atti alla guida dello Spirito Santo.
Siamo assicurati dell’esistenza dei Santi in primo luogo dal loro insegnamento Ortodosso. I Santi hanno ricevuto e ricevono la Rivelazione di Dio; l’esperimentano e la formulano. Sono i criteri infallibili dei sinodi Ecumenici. La seconda assicurazione è l’esistenza delle sante reliquie dei Santi. Le sante reliquie sono la prova che, attraverso il nous la grazia di Dio trasfigura pure il corpo. Di conseguenza, i corpi partecipano alle energie dello Spirito Santo.
Il principale lavoro della Chiesa è condurre l’uomo alla theasis [visione], alla comunione e all’unione con Dio. Fatto questo, possiamo in un certo senso dire che il compito della Chiesa è di “produrre reliquie”.
Così, la spiritualità Ortodossa è l’esperienza della vita in Cristo, è essere immersi nell’atmosfera dell’uomo nuovo rigenerato dalla grazia di Dio. Non è qualcosa di astratto o un puro stato emotivo e psicologico. È l’unione dell’uomo con Dio.
In questo contesto possiamo scoprire alcuni tratti che caratterizzano la spiritualità Ortodossa. In primo luogo è cristocentrica, dal momento che Cristo è l’unico e solo “rimedio” per le persone, grazie alla sua unità ipostatica della natura divina ed umana nella Sua stessa persona. In secondo luogo, la spiritualità Ortodossa è centrata trinitariamente, dal momento che Cristo è unito sempre al Padre e allo Spirito Santo. Tutti i sacramenti sono compiuti nel nome del Dio Triunico. Cristo, essendo la Testa della Chiesa, non può essere pensato come se ne fosse all’esterno. Di conseguenza, la spiritualità ortodossa è anche ecclesiocentrica, dal momento che solo nella Chiesa può avvenire la comunione con Cristo. Infine, come spiegheremo più avanti, la spiritualità ortodossa è mistica e ascetica.
[1] Il nous è l’energia dell’anima. Secondo i Padri, per nous si intende anche l’occhio dell’anima. Il suo naturale luogo è nel cuore; essendo unito all’essenza dell’anima, è in grado di sperimentare un’incessante memoria di Dio. Il suo movimento è contro la sua natura quando è asservito alle creature e alle passioni. La Tradizione ortodossa, a differenza di quella occidentale, fa una distinzione tra il nous e la ragione.