Giorgio D. Metallinos

 

La spiritualità ortodossa

 

Mutua concessione di vita presente e futura

 

1. Il termine “vita spirituale”, nel contesto ortodosso, si riferisce ad una specifica realtà, ad un modo di vita tangibile, comprensibile e specifico. Non è né una nuvolosa utopia né un vago idealismo intrappolato all’interno dei limiti della meditazione e della fantasia. La spiritualità dell’Ortodossia coinvolge la materialità e la realtà come pure gli elementi mondani. È la tradizione; la trasmissione e la continuità, nella specifica realtà d’un modo di vita, di un modo eterno d’esistenza che è entrato nella storia ed è divenuto realtà terreno-mondana attraverso l’incarnazione del Dio-Logos: nostro Signore Gesù Cristo. La vita spirituale cristiana è inconcepibile se non è basata sul fatto dell’incarnazione di Dio.

L’incarnazione del Figlio di Dio non è semplicemente mirata ad un miglioramento della realtà umana, ma alla sua riforma e trasformazione. È mirata ad un “mondo nuovo”, a una realtà teantropica (divino-umana). Secondo i Padri della Chiesa ortodossa, Dio è divenuto theanthropos (Dio-Uomo), per rendere teantropica la nostra vita.

La Tradizione ortodossa è una lotta per continuare la nuova vita in Cristo e, attraverso Cristo, (che l’ha introdotta nel mondo) nei riguardi delle altre persone. Comprende anche le fraterne relazioni sociali. Ciò è stato realizzato in ogni generazione, da chi ha seguito i Santi Padri: i Santi. L’Ortodossia è autenticamente espressa dai suoi Santi Padri e solo loro possono essere considerati una valida testimonianza della sua vita. La Tradizione ortodossa e l’esperienza dei Santi Padri sono identiche e non formano una convenzione meccanica e un insegnamento codificato, ma la continuità personale nel mondo della Verità incarnata, nella realtà specifica di ciascun tempo (civiltà, cultura, situazione politica e sociale).

Questo porta alla conclusione che, per ognuno di noi, nell’Ortodossia, i termini verità, giustizia, pace, uguaglianza, fratellanza non sono concetti ideologici o problemi morali. Sono un modo di vita realizzato attraverso Gesù Cristo e riscontrato nei Santi Padri, nei Profeti nei Padri e nelle Madri di ogni tempo. La nostra lotta per realizzare questi principi nella nostra vita non è basata sulla nostra buona volontà e la nostra iniziativa a lottare, ma principalmente sull’azione onnipotente di Dio.

Perciò, la Spiritualità ortodossa non è semplicemente un esoterismo, un progresso culturale o qualcosa di simile. Non è nemmeno il prodotto che nasce da un uomo che si centra su se stesso in un’idealistica spiritualità o in un atteggiamento religioso. La Spiritualità ortodossa è la personale partecipazione alla vita divina, che è divenuta realtà mondana e non può essere compresa attraverso le sole possibilità umane senza la sinergia divina.

La Spiritualità è vita e lotta nello Spirito Santo ed è identificata con la vita dell’intera Chiesa, come corpo, con la sua tradizione nella quale l’uomo è indotto a cercare la salvezza.

 

2. La lotta dell’uomo per il suo completo inserimento nella comunità ecclesiale, riceve una forza che ha un’espressione puramente rivoluzionaria. La rivoluzione della persona cristiana è l’ascetismo come esercizio spirituale. La rivoluzione contro una natura autonoma morta, per essere “vaccinata” nella vita di Cristo con la Risurrezione di Cristo. Una ribellione contro noi stessi che viviamo nella morte e nella corruzione. Perchè? La salvezza dalla corruzione e dalla morte è la Grazia di Dio, un dono del Dio increato alla sua creatura creata. Non è un nostro compimento, un risultato della nostra natura. È data quando l’uomo riceve un modo di esistenza dove la natura è liberata dalla schiavitù delle necessità che costituiscono l’incatenamento alla morte e alla corruzione. Questa risorta situazione non si compie senza violenza. Le parole di Cristo sono veramente rivoluzionarie: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra” (Lc 12, 49). “Non pensiate che sia venuto a portare la pace sulla terra: non sono venuto a portare la pace, ma una spada” (Mt 10,34). “Il regno di Dio patisce violenza e sono i violenti che se ne impossesseranno” (Mt 11,12). Come sono capite queste parole?

La violazione della nostra natura è assolutamente necessaria per sconfiggere la nostra schiavizzazione interiore la quale, a sua volta, comporta ogni forma esterna di schiavitù. Le nostre prove ci portano a lottare per rinnegare “il nostro uomo vecchio” (Mt 16,24. Rm 6,6). La volontà umana dovrà abituarsi a resistere allo stabilirsi del peccato, costituito dall’attitudine egocentrica verso le persone e il mondo. Il peccato, essendo interiore, ci fa fronteggiare ogni cosa in una situazione di morte-vita per cui sottoponiamo tutto alle nostre necessità e ai nostri desideri. Si pensi allo sfruttamento del mondo (la creazione) e delle persone, all’inquinamento ambientale, alla produzione degli armamenti nucleari usati nella corsa al dominio delle superpotenze. La persona che è fedele a Cristo combatte la sua natura egocentrica attraverso delle privazioni imposte per controllare la carne [non per rifiutarla!] al fine di giungere ad una libertà esteriore. Così il cristiano prescinde dal sottoporre tutto a sé e impara ad amare il mondo, comprende la sua unità col mondo stesso, discerne il sigillo del potere creativo di Dio su ciascuna individuale creazione ed utilizza il mondo (in un modo piacevole agli occhi di Dio) come una continua liturgia riferita a Dio. Attraverso le infinite prove e tribolazioni (che sono un esercizio spirituale) l’uomo cerca una comunione autentica, dove la vita diviene un’auto-trasgressione d’amore.

Lo stesso liberato carattere rivoluzionario, dovuto alla necessità è fondato nel “tormento” e costituisce una trasgressione del significato della vita intesa come “sopravvivenza individualista” e “auto-offerta d’amore per gli esseri umani intesa come un ritirarsi”. Il modo individualista d’esistenza è trasformato in comunione personale d’amore attraverso l’ascetismo. Infatti l’Ortodossia collega l’ascetismo volontario attraverso la prova del “tormento di coscienza”. La violazione della natura è eseguita per abilitare ad una comunione d’amore.

 

3. La Spiritualità ortodossa è esattamente questa lotta per la storica liberazione tra l’increato e il creato. Comunque, nessuno uomo è abilitato a “conoscere” l’Increato attraverso la logica, piuttosto che attraverso la presenza e l’abitazione dell’Increato nel creato. Lo scopo della Tradizione ortodossa è quello di far avanzare l’uomo all’unità con Dio: la deificazione. Questo scopo presuppone un strumento: il cuore. Di solito comprendiamo il cuore solo come uno strumento che attua la circolazione del sangue nel nostro corpo e, di conseguenza, consideriamo il cervello e il sistema nervoso come il centro della nostra stessa consapevolezza. Comunque, nella vera tradizione cristiana, il cuore è l’area della comunione con Dio. Il potere dell’anima, che agisce nel cuore, è chiamato dai Santi Padri “mente”. La mente, in questo caso, non è identificata con la logica. Inoltre, per mente si intende anche la preghiera della cuore (preghiera mentale), che consiste nel mettere in azione la mente nel cuore. Questa preghiera inizia ad agire quando il cuore è purificato e riceve la Grazia dello Spirito Santo. Allora la preghiera diviene “incessante” (I Tess 5,14).

L’inattività della facoltà noetica (non logica) è ciò che contraddistingue l’uomo della caduta. La non funzione, o una funzione limitata del potere mentale e la sua confusione con la funzione del cervello o con il corpo, schiavizza l’uomo nello stress dell’ambiente e nel materialismo, concentrando la sua cura solo al proprio corpo. In questo modo l’uomo “adora la creazione, piuttosto che il Creatore”. La conseguenza immediata è lo smantellamento dell’autenticità delle sue relazioni, con la conseguenza dell’individualizzazione, dell’assunzione di atteggiamenti antisociali, dell’autodeificazione e dell’idolizzazione di se stessi. C’è, inoltre, l’utilizzo di Dio e delle persone per assicurare la propria incolumità e felicità personale.

Dopo che la malattia del cuore è stata guarita, l’uomo ritorna alla sua autentica socialità. Così il cuore riceve l’illuminazione dello Spirito Santo. A questo punto, l’amore auto-concentrato dell’uomo diviene completamente gratuito, come quello di Dio. Senza l’illuminazione divina, il nostro amore non può superare un atteggiamento concentrato su noi stessi, non può uscire dalla nostra imperfezione. Pertanto rimane imperfetto e falso. Attraverso l’illuminazione l’uomo diviene tempio dello Spirito Santo, autentico e spirituale.

 

4. Nella terminologia teologica ortodossa, il processo di ripristino della facoltà noetica nel cuore, è chiamato “guarigione dell’esistenza umana” e questo è il principale lavoro della Chiesa.

Questo è lo scopo della presenza della Chiesa nella storia come ha stabilito Cristo: riabilitare la comunione tra l’uomo e Dio nel cuore.

Questa guarigione comporta la riabilitazione delle relazioni tra Dio e l’uomo, non riguarda, per l’Ortodossia, la vita futura (dopo la morte) dal momento che tale processo è compiuto nella storia. La persona fedele, attraverso la presenza dell’azione divina in lei, diviene “tempio di Dio” ha l’eternità nella realtà terrena, vive al di là della storia, pur vivendo anche nella storia. Costui diviene uomo del Cielo, come i Santi. Il Santo, secondo l’Ortodossia, è l’uomo reale, che può creare una giusta fratellanza e comunione. Il finale scopo della Tradizione ortodossa non è un onore egoistico, umano e individualista, ma la riabilitazione dell’autentica comunione tra le persone. Secondo San’Isacco il Siriano, tutti i Santi raggiungono questa perfezione quando divengono perfetti e hanno assimilato in Dio il loro amore e la loro filantropia che si diffonde verso tutti e verso ognuno. Nell’Ortodossia non esiste alcuna realtà e salvezza individualista. La salvezza è il completo inserimento nella società della fratellanza. Questo è vero per tutti senz’alcuna eccezione.

La differenza tra l’Ortodossia e i sistemi secolari [laici e religiosi] sta nel fatto che tali sistemi cercano di creare una società. Noi, invece, lottiamo per inserire noi stessi nel corpo di Cristo e, in Cristo, nella Trinità, realtà che, per propria natura, non ha classe sociale (Gal 3,28).

 

5. Questa vita, nell’Ortodossia, è una realtà nei monasteri ortodossi pure oggi, nonostante tutte le imperfezioni umane. È qui che l’intera vita avviene nella Grazia di Dio ed è sostenuta senz’“alcun possesso personale” nel “possesso comune”, nel comunismo dell’amore, dove ognuno lavora secondo la sua abilità e forza in base alle sue necessità. Così, fugge ogni sospetto di sfruttamento e di sopravvalutazione dal momento che lo scopo non è il profitto essendo, invece, il mutuo sostegno e servizio.

Il monastero è il modello più puro della comunione nell’Ortodossia ed ha grandemente influenzato la formazione della società storica ortodossa (si pensino, ad esempio, le comunità paesane). La nostra vita secolarizzata ed occidentalizzata riflette esattamente il nostro regresso da ciò che veramente la modellerebbe. Così, sono stati adottati modi e strutturazioni sociali estranei all’Ortodossia e alla sua cultura. La cultura ortodossa è completamente diversa dalla cultura occidentale. Questo è dovuto al fatto che, nella dimensione sociale ortodossa, l’ideale non è la felicità individualista e il benessere, ma la solidarietà nella “distribuzione eguale dei disagi”.

Qualcuno può pensare (e questo è qualcosa che io constato molto frequentemente in Europa Occidentale) che tale modello sociale è imparentato con quello marxista. Assolutamente no! Il marxismo, proprio come gli altri sistemi sociali, si concentra sulle strutture interne e sulle loro relazioni. L’Ortodossia, invece, comincia dalle profondità intime dell’uomo, e determina il modo per ripristinare l’immagine divina al suo interno, al fine d’abilitare la società umana a riflettere un modo trinitario d’esistenza. Così l’individuo non è mai sacrificato da Cristo per il comune interesse ed il comune interesse diviene l’interesse della persona individuale.

Inoltre, l’interesse dell’uomo ortodosso non è confinato rigorosamente nel tempo, ma è continuamente diretto verso l’eternità. Questo viene espresso in alcune parole dell’Apostolo Paolo: “Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini” (1Cor 15, 19).

L’Ortodossia non desidera essere una comunità religiosa per dei servizi caritatevoli, neppure un’organizzazione umana che lotta solo per la pace sulla terra e la coesistenza fra le nazioni. L’Ortodossia si augura d’essere, soprattutto, il Corpo di Cristo, un laboratorio per la salvezza e l’esistenza che guarisce l’umanità, presupposto basilare per la formazione nell’uomo dell’autentica comunione tra lui, Dio e il mondo.

Inoltre, nell’Ortodossia non esiste alcun “processo evolutivo” che comporti un continuo cambiamento. Il nostro fine è centrarci in Cristo senza cambiamenti. Cristo rimane il centro assoluto e il punto di riferimento per le persone ortodosse in tutti i tempi. Egli assicura la nostra unità in ogni tempo con la Sua presenza tra noi. La sua azione increata unisce (nella dimensione orizzontale, come in quella verticale) le persone fedeli in tutta la storia e compie la loro unità; non le sottomette a norme fisse di vita e di azione, ma la vita risulta dalla Sua presenza in loro.

 

 

 

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