L’UNITÀ DELLA CHIESA[1]

 

Alexej Stjepanovic Chomjakov

 

 

 

Alexej Stjepanovic Chomjakov (Mosca 1804 - Ternovsk 1860), teologo Russo. Tra i maggiori rappresentanti dello slavofilismo, fu poeta, filosofo, sociologo. La sua ecclesiologia, fondata sulla nozione di sobornost (cattolicità, o anche conciliarità, unanimità), postula un democratismo radicale nella chiesa (custode della fede è tutto il popolo di Dio) e considera l’esperienza ecclesiale quale fonte e criterio della verità. All’unità senza libertà del cattolicesimo-romano e alla libertà senza unità del protestantesimo egli oppone la libertà nell’unità di un’ortodossia la cui caratteristica primaria è la santità e la cui anima è lo Spirito Santo. Le tesi di Chomjakov furono avversate, per il loro antiautoritarismo, dalla chiesa ufficiale, ma dopo la sua morte influirono in modo determinante sulla teologia russa e più in generale ortodossa. Tra le sue opere: Lettera ai Serbi (1859), il manifesto dello slavofilismo; La chiesa è una (postuma, 1864); La chiesa latina e il protestantesimo dal punto di vista della Chiesa d’Oriente (postuma, 1872), e le incompiute Memorie sulla storia universale. Fu il primo grande teologo laico dell’ortodossia in Russia[2].

 

 

 

1. L’unità della Chiesa deriva necessariamente dall’unità di Dio, poiché la Chiesa non consiste nella molteplicità delle persone e nella loro individualità separata, ma nell’unità della Grazia divina, la quale vive nella molteplicità delle creature razionali, che si sottopongono ad essa. La Grazia viene concessa anche a quanti non l’accettano, non ne fanno uso, cioè seppelliscono il talento, ma costoro non sono nella Chiesa. L’unità della Chiesa non è astratta, né allegorica, ma è autentica ed essenziale come quella delle numerose membra in un corpo vivente. La Chiesa è una a prescindere dalla sua visibile divisione che concerne le persone che ancora vivono sulla Terra. Solo in relazione agli esseri umani si può ammettere una divisione della Chiesa in visibile ed invisibile. La sua unità tuttavia è autentica ed incondizionata. Chi vive sulla terra, chi percorre il cammino terreno, chi non è stato creato per questo cammino, come gli Angeli, chi non ha ancora cominciato a percorrerlo, come le generazioni future, tutti costoro sono uniti in una Chiesa, in una sola Grazia divina, poiché la creatura di Dio, non ancora manifesta per gli uomini, per lui lo è ed egli ascolta le preghiere e conosce la fede anche di colui il quale ancora non è stato chiamato dal non essere all’essere. Tuttavia la Chiesa, il Corpo di Cristo, si manifesta e si realizza nel tempo senza modificare la sua essenziale unità e la sua vita interiore nella Grazia. Se, di conseguenza, si parla di una Chiesa visibile e di una invisibile, queste espressioni hanno solamente un valore umano.

 

2. La Chiesa visibile o terrena vive in completa comunione ed in unità con tutto il Corpo ecclesiale, il cui capo è il Cristo. Essa ha in sé la continua presenza del Cristo e la Grazia del Santo Spirito in tutta la sua pienezza, che è fonte di vita, ma non nella totalità delle loro manifestazioni. Infatti essa opera non pienamente, ma in quanto Dio lo permette. Poiché la Chiesa visibile e terrena non rappresenta la totalità e la pienezza di tutta la Chiesa, che Dio ha stabilito di manifestare nel giorno del Giudizio finale, essa opera ed agisce solo entro i suoi confini, senza giudicare il resto dell’umanità (secondo le parole dell’Apostolo Paolo ai Corinzi) e considera scomunicati, cioè non appartenenti ad essa, solo quelli che da essa di propria iniziativa si escludono. Il resto dell’umanità, che o le è estraneo o ad essa è legato da vincoli che Dio non ha ritenuto di rivelarle, è da essa lasciato al Giudizio finale. Ma la Chiesa terrena giudica solo nel suo ambito secondo la Grazia dello Spirito e la libertà concessale da Cristo, e nello stesso tempo chiama all’unità e ad essere figli di Dio anche la rimanente umanità. Tuttavia non emette alcuna sentenza su quelli che non ascoltano il suo invito, memore in ciò del comandamento del suo Redentore e Capo: “Non giudicare lo schiavo altrui”.

 

3. Dal momento della Creazione la Chiesa terrena è rimasta sempre sulla terra e vi rimarrà sino al compimento di tutte le opere di Dio, secondo la promessa fattale da lui stesso. I suoi segni distintivi sono la santità interiore, che non ammette alcun compromesso con la menzogna, poiché in essa risiede lo Spirito della Verità, e l’immutabilità esterna, poiché il suo Custode e Capo, il Cristo, è immutabile. Tutti i segni distintivi della Chiesa, sia quelli interiori che quelli esteriori, sono riconoscibili solo ad essa ed a coloro che la Grazia chiama ad essere suoi membri. Per gli estranei ed i non chiamati essi sono incomprensibili, poiché il mutamento esteriore del rito si configura per colui che non è chiamato come un cambiamento dello Spirito stesso, che nel rito è glorificato (come ad esempio, nel passaggio della Chiesa del Vecchio Testamento in quella neotestamentaria, o nel mutamento dei riti e delle norme ecclesiastiche dall’età apostolica). La Chiesa ed i suoi membri riconoscono, per mezzo della sapienza interiore della Fede, l’unità e l’immutabilità del suo Spirito, che è lo Spirito di Dio, mentre coloro che ne sono fuori e quanti non sono stati chiamati, riconoscono il mutamento del rito esteriore per mezzo di una sapienza esteriore, che non riesce a penetrare in ciò che è interiore, così come la stessa immutabilità di Dio appare a loro mutabile nel mutarsi delle sue creature. Per effetto di tutto ciò la Chiesa non si trasformò, né si oscurò o decadde, né ciò poteva accadere, poiché in tal caso essa avrebbe perduto lo Spirito della Verità. Non c’è stata nessuna epoca in cui essa abbia accolto nel suo grembo l’errore, in cui i laici, i preti ed i vescovi abbiano accettato dottrine antitetiche all’insegnamento ed allo spirito del Cristo. Chi volesse affermare che un simile impoverimento dello spirito del Cristo sia stato possibile nella Chiesa, non lo conosce ed è ad essa estraneo. La parziale rivolta contro una dottrina erronea accompagnata dalla contemporanea conservazione ed accoglimento di altri insegnamenti falsi non è opera della Chiesa e non poteva esserlo, poiché in essa, secondo la sua natura, dovettero essere sempre presenti predicatori, dottori e martiri, i quali non professano una verità parziale e frammista ad errori, ma bensì la completa ed incorrotta Verità. La Chiesa non conosce la Verità parziale e l’errore parziale, ma la completa ed incorrotta Verità. Colui che vive nella Chiesa non si sottomette ad alcuna dottrina erronea né accetta i Sacramenti da un falso maestro, poiché, riconoscendolo falso, egli non ne segue i riti. E la Chiesa stessa non erra, poiché essa è la Verità. Essa non agisce con astuzia e non è pusillanime, poiché è santa. E così pure, per effetto della sua immutabilità, non riconosce come errore ciò che precedentemente ha professato come verità. Se la Chiesa in un concilio ecumenico e nella piena concordia dei suoi membri ha denunciato la possibilità di un errore dottrinale da parte di un individuo, sia questi un vescovo o un patriarca[3], essa non può proclamare che questo individuo, che può essere un vescovo, un patriarca, o i loro successori, non poterono soggiacere ad un errore e che una grazia particolare li preservi da esso. Come la terra potrebbe essere santificata, se la Chiesa avesse perduto la sua santità? E dove dovremmo cercare la Verità, se il giudizio attuale della Chiesa fosse in contrasto con quello da essa emesso precedentemente? Nella Chiesa, cioè nei suoi membri, spuntano false dottrine, ma in tal caso le membra infette cadono, in quanto sono preda dell’eresia o dello scisma ed in tal modo non macchiano la santità della Chiesa.

 

4. La Chiesa è detta una, santa, cattolica ed apostolica, poiché essa è una e santa, appartiene a tutto il mondo, non è legata ad una determinata località, poiché per mezzo suo sono santificate tutta l’umanità e la terra, non un popolo in particolare o una determinata regione, poiché la sua natura è costituita dall’accordo e dall’unità dello spirito e delle vite di tutti i suoi membri su tutta la terra, i quali la riconoscono, ed infine poiché negli scritti e nella dottrina degli Apostoli è contenuta la totalità della sua fede, della sua speranza e del suo amore. Ne consegue che, quando una qualsiasi comunità ha il nome di una locale Chiesa cristiana, come ad esempio la greca, la russa o la siriaca, un tale nome indica solo l’insieme dei membri di quella Chiesa che vivono in un determinato territorio, la Grecia, la Russia e la Siria, ecc… ma non è ammissibile l’ipotesi che una comunità cristiana possa esprimere una dottrina ecclesiale o dare alla medesima un’interpretazione dogmatica senza il consenso delle altre comunità. Ed è ancor meno ammissibile che una qualsiasi comunità o il suo pastore possano imporre la loro interpretazione alle altre. La grazia della fede è indivisibilmente connessa con la santità della vita e nessuna comunità né alcun pastore possono essere riconosciuti come custodi di tutta la fede, così come nessun pastore, nessuna comunità possono essere ritenuti rappresentanti di tutta la Santità della Chiesa. Del resto ogni comunità cristiana, senza pretendere per sé il diritto di un’interpretazione dogmatica o dottrinale, ha il pieno diritto di modificare i suoi riti e di introdurne nuovi, senza tuttavia provocare scandalo nelle altre comunità. Anzi, in tal caso, essa deve lasciare cadere la propria opinione e sottomettersi a quella delle altre comunità, affinché ciò che per l’una è innocente o addirittura lodevole, non appaia alle altre quale colpa ed il fratello non conduca il proprio fratello al peccato del dubbio e sul cammino della discordia. L’unità dei riti della Chiesa deve essere tenuta nel massimo conto da ogni Cristiano, poiché da essa risulta evidente, anche per le persone non istruite, l’unità dello spirito e della dottrina. Invece per chi è colto in essi è contenuta una fonte di letizia vivente e cristiana. La carità è la corona e la gloria della Chiesa.

 

5. Lo Spirito di Dio, il quale vive nella Chiesa, la regge e l’ammaestra, si manifesta in essa in molteplici forme, nella Scrittura, nella Tradizione e nel suo operare, poiché la Chiesa, che compie l’opera di Dio, è la stessa che custodisce la Tradizione e che ha composto la Scrittura. Non le persone nella loro individualità o molteplicità, custodiscono nella Chiesa la Tradizione e la compongono, ma essa è opera dello Spirito di Dio, che vive nel “pléroma” della Chiesa. Perciò né si possono né si devono cercare nella Scrittura i fondamenti della Tradizione, né in quest’ultima le prove a favore della Scrittura, né nelle opere una giustificazione della Scrittura e della Tradizione. Quanti vivono fuori della Chiesa non possono intendere né la Scrittura, né la Tradizione, né le opere. Ma a colui che vive nell’ambito della Chiesa e partecipa del suo spirito è evidente la loro unità per opera della Grazia presente nella Chiesa. Le opere non precedono la Scrittura e la Tradizione? Non precede quest’ultima la Scrittura? Le opere di Noè, di Abramo, dei capostipiti e dei rappresentanti della Chiesa dell’Antico Testamento non erano gradite a Dio? E non c’è stata alcuna Tradizione presso i nostri progenitori a cominciare da Adamo? Forse che il Cristo non ha dato agli uomini la libertà e la dottrina orale prima che gli Apostoli nei loro scritti testimoniassero l’opera della Redenzione e la legge della libertà? Perciò non c’è alcuna contraddizione tra Tradizione, opere e Scrittura, ma un completo accordo. Tu comprendi la Scrittura in quanto custodisci la Tradizione ed in quanto compi opere corrispondenti alla sapienza in te presente. Ma quest’ultima non è data a te personalmente, ma ti è stata data in quanto membro della Chiesa e ti è stata concessa solo parzialmente, senza annientare completamente il tuo errore individuale. Alla Chiesa invece essa è stata data nella pienezza della Verità, senza che l’errore in qualsiasi misura vi si mescoli. Perciò non devi giudicare la Chiesa, ma obbedire, affinché tu non sia privato della Sapienza.

Chi cerca le prove della Verità della Chiesa, manifesta con questo suo atteggiamento o il suo dubbio e si esclude in tal modo dalla Chiesa, o assume la parvenza del dubbioso e conserva nello stesso tempo la speranza di dimostrare la Verità e di raggiungerla per mezzo delle forze della ragione. Ma queste non raggiungono la Verità divina e l’impotenza umana appare evidente nella debolezza delle prove. Colui che accetta solo la Scrittura e su di essa fonda la Chiesa, respinge in realtà la Chiesa e spera di ricrearla nuova con le proprie forze. Chi accetta solo la Tradizione e le opere e non tiene in nessun conto la Scrittura, respinge egualmente la Chiesa e si fa giudice dello Spirito divino, che ha parlato attraverso la Scrittura. La sapienza cristiana non è frutto della ricerca della mente, ma di una fede piena di grazia e vivente. La Scrittura è qualcosa di esteriore, tali sono la Tradizione e le opere, interiore in esse è solo lo Spirito di Dio. Dalla Tradizione, dalla Scrittura e dalle opere, prese in sé, isolatamente, l’uomo può attingere solo una conoscenza esteriore ed incompleta, che può contenere la Verità, poiché da essa procede, ma nello stesso tempo è necessariamente falsa, poiché incompleta. Il credente conosce la Verità, colui che non crede non la conosce o la conosce solo attraverso una conoscenza esteriore ed incompleta[4]. La Chiesa non si manifesta né come Scrittura, né come Tradizione, né come opere, ma testimonia se stessa per mezzo di sé, come anche lo Spirito di Dio, presente in essa, testimonia se stesso per mezzo di sé nella Scrittura. La Chiesa non chiede quale Scrittura, quale Tradizione o quale concilio siano veri, né quale opera sia gradita a Dio, poiché il Cristo conosce la sua eredità e la Chiesa, in cui egli è presente, conosce le proprie manifestazioni attraverso una conoscenza interiore e non può non conoscerle. Con il termine Sacra Scrittura si intende la raccolta dei libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, che la Chiesa riconosce come propri. Tuttavia la Scrittura non conosce alcun limite, poiché ogni Scrittura, che la Chiesa riconosce come propria, è sacra. A questo genere appartengono in primo luogo le professioni di fede dei Concili ed in particolare la niceno-costantinopolitana. Per ciò è esistita fino all’epoca nostra la Sacra Scrittura e, se Dio vorrà, ci sarà anche un futuro. Ma nella Chiesa non c’è stata mai e non ci sarà una contraddizione, né nell’ambito della Scrittura, né in quello della Tradizione, né in quello delle opere, poiché in tutte e tre è presente l’unico ed indivisibile Cristo.

 

6. Ogni azione della Chiesa compiuta sotto la guida del Santo Spirito, dello Spirito della Vita e della Verità, ha in sé la pienezza di tutti i suoi doni: della fede, della speranza e dell’amore, poiché nella Scrittura non si manifesta solo la fede, ma anche la speranza della Chiesa e l’amore di Dio ed in un’opera gradita a Dio si manifesta non solo l’amore, ma anche la fede, la speranza e la grazia, e nella Tradizione vivente della Chiesa, la quale attende da Dio nel Cristo la sua corona ed il suo completamento, non si manifesta solo la speranza, ma anche la fede e l’amore. I doni del Santo Spirito sono fusi in una santa e vivente unità. Ma, come un’opera gradita a Dio concerne in particolare la speranza, così una professione di fede, accetta a Dio, riguarda in particolare l’amore, e come una preghiera gradita a Dio riguarda specialmente la speranza, così una professione di fede, accetta a Dio, concerne in particolare la fede e, senza possibilità di errore, la professione di fede della Chiesa si chiama Professione o Simbolo della fede.

Da ciò si deve dedurre che la professione, la preghiera e le opere in sé non sono nulla, ma solo manifestazioni esteriori dello spirito interiore. Perciò a Dio non è ancora accetto né colui che prega, né colui che compie le opere, né colui che recita il Simbolo della fede, ma colui che agisce, confessa e prega secondo lo Spirito del Cristo che vive in lui. Non tutti hanno una sola fede, o una sola speranza o un solo amore, poiché si può amare la carne, sperare nel mondo e professare l’errore. Sì può anche amare, sperare e credere non pienamente, ma solo parzialmente e la Chiesa chiama la tua speranza speranza, il tuo amore amore e la tua fede fede, poiché tu le chiami così ed essa non vuole fare con te questioni di parole. Ma essa stessa chiama l’amore, la fede e la speranza doni del Santo Spirito e sa che sono veri e perfetti.

 

7. La Santa Chiesa professa la sua fede con tutta la sua vita con la dottrina, che è stata ispirata dal Santo Spirito, con i Sacramenti, in cui opera il Santo Spirito, e con i riti che sono compiuti sotto la sua guida. Tuttavia il Simbolo niceno-costantinopolitano per eccellenza è considerato la Professione di fede, in essa è contenuta la professione della dottrina della Chiesa, ma perché sia chiaro che la speranza della Chiesa è inseparabile dalla sua dottrina, viene professata anche la sua speranza. Infatti si dice: noi aspettiamo, e non semplicemente noi crediamo, ciò che verrà. Il Simbolo niceno-costantinopolitano, la più completa e perfetta professione di fede della Chiesa dalla quale essa non permette che alcunché sia escluso e nulla sia aggiunto è il seguente:

“Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del Ciclo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili. Ed in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio Unigenito di Dio, che fu generato dal Padre prima di tutti i secoli. Luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato. Egli è consustanziale al Padre e da lui ogni cosa è stata creata. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo, si incarnò da Spirito Santo e da Maria la Vergine e si fece uomo. Fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, soffrì, fu sepolto e risuscitò il terzo giorno secondo la Scrittura. Ascese al Cielo e siede alla destra del Padre. Ritornerà con gloria a giudicare i vivi ed i morti ed il suo Regno non avrà fine. E nello Spirito il Santo, il Signore, il datore di vita, il quale procede dal Padre ed è adorato e glorificato assieme al Padre ed al Figlio, che parlò per bocca dei Profeti. E nell’Una, Santa, Cattolica ed Apostolica Chiesa. Professo che c’è un solo Battesimo in remissione dei peccati ed aspetto la resurrezione dei morti, e la vita eterna. Amìn”.

Questa professione di fede è, come anche tutta la vita dello Spirito, comprensibile solo a chi crede ed è membro della Chiesa. Essa contiene misteri che sono inaccessibili all’indagine umana e sono evidenti solo a Dio stesso ed a coloro ai quali Dio li rivela per una conoscenza interiore vivente, non morta o esteriore. Essa racchiude in sé il mistero dell’Essere divino, non solo in rapporto con il suo operare esteriore nei confronti della creazione ma anche in relazione alla sua esistenza interiore ed eterna. Perciò la pretesa della mente umana e di un potere illegittimo, che in contrasto con il giudizio espresso da tutta la Chiesa al concilio di Efeso, si arrogò il diritto di aggiungere una propria interpretazione ed una congettura umana al simbolo niceno-costantinopolitano, è di per sé un’offesa alla santità ed alla inviolabilità della Chiesa. Come la presunzione di singole chiese locali, che osarono modificare il Credo di tutta la Chiesa senza il consenso dei loro fratelli, non procedette dallo spirito d’amore e fu un crimine davanti a Dio ed alla Santa Chiesa, così anche la loro cieca sapienza, che non aveva compreso il mistero divino, fu una deformazione della fede, poiché questa non può esistere dove l’amore viene meno.

Perciò l’aggiunta del “Filioque” racchiude un dogma fittizio, che non fu mai predicato da alcun scrittore timorato di Dio, né fu conosciuto dai Vescovi o dai successori degli Apostoli dei primi secoli della Chiesa, né fu mai annunciato dal Cristo Salvatore. Come quest’ultimo ha detto chiaramente, così la Chiesa ha professato e professa chiaramente che il Santo Spirito procede dal Padre. Infatti non solo i divini misteri di carattere esteriore, ma anche quelli inferiori furono rivelati dal Cristo e dallo Spirito della Fede ai Santi Apostoli ed alla Santa Chiesa. Quando Teodoreto chiamava bestemmiatori tutti coloro che professavano che il Santo Spirito procede dal Padre e dal Figlio, la Chiesa, sebbene l’avesse accusato di molti errori, approvò in questo caso il suo giudizio con un eloquente silenzio[5]. La Chiesa non pone in discussione il principio che il Santo Spirito è inviato non solo dal Padre, ma anche dal Figlio. Né essa contesta l’affermazione che il Santo Spirito è trasmesso ad ogni creatura intelligente non solo dal Padre, ma anche attraverso il Figlio. Ma la Chiesa nega che il Santo Spirito abbia il principio della sua processione non solo dalla divinità del Padre, ma anche dal Figlio. Chi nega lo spirito dell’amore e si priva dei doni della Grazia, non può possedere più alcuna conoscenza interiore, cioè alcuna fede, ma si limita ad una conoscenza esteriore per cui egli può comprendere solo l’esteriorità e non i misteri intimi di Dio. Le comunità cristiane, che si sono staccate dalla Santa Chiesa, non potevano più professare la processione del Santo Spirito solo dal Padre nella stessa divinità, poiché essi non erano più in grado di comprendere con lo Spirito, ma dovevano solo professare la processione esteriore dello Spirito in tutta la Creazione, derivazione che non diviene solo dal Padre, ma anche attraverso il Figlio. Esse hanno conservato il lato esteriore della legge, ma ne hanno perduto il significato interiore e la Grazia di Dio così nella loro professione di fede come anche nella vita.

 

8. La Chiesa in quanto professa la sua fede nella Trinità, professa anche la sua fede in sé stessa, poiché si riconosce strumento e vaso della Grazia divina e concepisce le sue opere come opere di Dio, non quali opere di coloro che apparentemente le compiono. In questa professione essa dimostra che la consapevolezza della sua esistenza è pure un dono della Grazia, che proviene dall’alto ed è accessibile solo alla fede, non all’intelletto. Infatti che significa: “Io crederei, se sapessi?”. Non è la fede un divenire visibile di ciò che non lo è? La Chiesa visibile non è la comunità visibile dei Cristiani, ma lo Spirito di Dio e la Grazia dei Sacramenti, che sono presenti in questa comunità. Perciò la Chiesa visibile è tale solo per i credenti, poiché per i non credenti i Sacramenti sono solo un rito e la Chiesa una società. Sebbene il credente veda con gli occhi corporali e con l’intelletto la Chiesa solo nelle sue manifestazioni interiori, tuttavia ne diventa consapevole per mezzo dello spirito solo nei Sacramenti, nella preghiera e nelle sue opere gradite a Dio. Perciò egli non la confonde con una società che porta il nome di “cristiana”, poiché non ciascuno che dice: “Signore, Signore”, appartiene realmente alla stirpe eletta ed al seme di Abramo. Ed ugualmente, grazie alla fede, il vero Cristiano sa che la Chiesa, Una, Santa, Cattolica ed Apostolica, non scomparirà dalla terra prima del giudizio finale e che essa rimane invisibile sulla terra agli occhi del corpo e all’intelletto corporale, così come essa è visibile agli occhi della fede nella Chiesa ultraterrena, ma invisibile agli occhi umani. Grazie alla fede il Cristiano sa anche che la Chiesa terrena, sebbene invisibile, è sempre rivestita di una forma visibile e, che non c’è stato alcun tempo, né ci poteva essere, né ci sarà in cui i Sacramenti siano stati alterati, la santità sia venuta meno, l’insegnamento sia stato sfigurato. Ed egli sa pure che non è cristiano colui che non può dire dove, a cominciare dall’età apostolica, furono celebrati i Sacramenti e si celebrano tuttora, dove l’insegnamento della Chiesa è stato mantenuto intatto e lo è tuttora, dove le preghiere sono salite e salgono tuttora al trono della Grazia. La Chiesa professa e crede che le pecorelle del suo gregge divino mai furono private del suo divino pastore e che essa mai poté errare per incapacità di comprendere, poiché in essa è presente l’intelligenza divina. E così la Chiesa sa che non si è mai piegata per mancanza di coraggio a falsi insegnamenti, poiché in essa risiede la potenza dello Spirito divino. Nella sua fede, nella promessa di Dio, che ha chiamato tutti i seguaci della dottrina del Cristo amici di quest’ultimo e suoi fratelli ed in lui li ha trasformati in figli di Dio, la Chiesa professa le vie per le quali Dio ha stabilito di riportare all’unità nello spirito della Grazia e della vita l’umanità caduta e morta. Perciò essa, memore dei Profeti e dei rappresentanti del Vecchio Testamento, riconosce l’esistenza dei Sacramenti, per opera dei quali nella Chiesa neotestamentaria Dio invia la sua Grazia agli uomini, e pone in particolare rilievo il Battesimo e la remissione dei peccati, che in sé racchiude il principio di tutti gli altri sacramenti. Infatti solo grazie al Battesimo l’uomo entra nell’unità della Chiesa che è depositaria di tutti gli altri Sacramenti.

Essa, poiché riconosce il Battesimo per la remissione dei peccati come il Sacramento istituito dal Cristo stesso per entrare nella Chiesa neotestamentaria, non giudica coloro i quali non sono partecipi di essa grazie al Battesimo, poiché conosce e giudica se stessa. Dio solo conosce la durezza del cuore e giudica anche i deboli di mente secondo la giustizia e la Grazia. Molti furono salvati e divennero partecipi dell’eredità senza aver ricevuto il Battesimo nell’acqua, poiché esso è stato istituito solo per la Chiesa neotestamentaria. Tuttavia chi lo respinge, respinge tutta la Chiesa e lo Spirito di Dio, che in essa è presente; ma il Battesimo non è stato dato in eredita all’umanità “ab aeterno”, né fu prescritto alla Chiesa dell’Antico Testamento. Se qualcuno dicesse: La circoncisione era il Battesimo dell’Antico Testamento, costui respingerebbe il Battesimo delle donne, poiché per queste non c’era nessuna circoncisione. E che dovrebbe dire dei progenitori da Adamo ad Abramo, che non conoscevano il sigillo della circoncisione? E costui ad ogni modo non ammetterà che al di fuori della Chiesa del Nuovo Testamento il Battesimo non era obbligatorio? Se affermasse che per la Chiesa dell’Antico Testamento Cristo ha ricevuto il Battesimo, chi porrà un limite alla misericordia divina che prese su di sé le colpe del mondo? Ma il Battesimo è obbligatorio poiché è la porta d’ingresso nella Chiesa neotestamentaria e solo nel Battesimo l’uomo annuncia il suo accordo con l’opera salvatrice della Grazia. Perciò egli è salvato solo nel Battesimo.

Del resto, sebbene riconosciamo nel Battesimo il principio di tutti i Sacramenti, non respingiamo per nulla gli altri, poiché, credendo nella Chiesa, riconosciamo con essa sette Sacramenti, cioè il Battesimo, l’Eucaristia, l’Ordine, la Cresima, il Matrimonio, la Penitenza e l’Unzione. Ci sono anche molti altri Sacramenti, poiché ogni opera compiuta con fede, amore e speranza è ispirata all’uomo dallo Spirito di Dio ed è fonte della invisibile Grazia divina. Ma i sette Sacramenti non sono in verità amministrati da qualsiasi persona degna della grazia divina, ma da tutta la Chiesa tramite una persona sia pure indegna.

A proposito dell’Eucaristia la Chiesa insegna che in essa realmente il pane ed il vino si trasformano nel Corpo e Sangue del Cristo. Essa non respinge il termine “transustanzazione”, ma non gli attribuisce quel significato materiale, che le fu attribuito dai Dottori della Chiesa allontanatasi dalla verità. La trasformazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue del Cristo si compie nella Chiesa e per la Chiesa. Quando ricevi i santi doni, li adori o mediti con fede su di essi, tu ricevi realmente il Corpo ed il Sangue del Cristo, li adori realmente e mediti su di essi realmente. Ma se li ricevi indegnamente, tu disprezzi in verità il Corpo ed il Sangue del Signore. In ogni caso, nella fede e nella mancanza di fede, tu sei santificato o giudicato dal Corpo e dal Sangue del Cristo. Ma questo Sacramento è nella Chiesa e per la Chiesa, non per il mondo esterno, non per il fuoco, non per l’animale privo d’intelligenza, non è destinato alla corruzione né all’uomo che non ha accettato la legge del Cristo. Nella Chiesa stessa (parliamo di quella visibile) sia per gli eletti che per gli empi l’Eucaristia non è una semplice commemorazione del mistero della Redenzione, non è solo la presenza dei doni spirituali nel pane e nel vino, né un semplice accoglimento spirituale del Corpo e del Sangue del Signore, ma il vero Corpo ed il vero Sangue. Il Cristo non volle solo unirsi ai fedeli nello spirito, ma anche nella Carne e nel Sangue, affinché l’unione fosse completa, non solo spirituale, ma anche corporale. Nello stesso modo si oppongono alla Chiesa le stolte interpretazione dei rapporti del Santissimo Sacramento con gli elementi o con le creature prive di intelligenza (poiché il Sacramento è stato istituito solo per la Chiesa) e la superbia spirituale che dispregia la Carne ed il Sangue e respinge l’unione corporale con il Cristo. Noi non risorgeremo senza il corpo e nessuno spirito, all’infuori di Dio, può essere considerato completamente privo di corpo. Colui che disprezza il corpo pecca di superbia spirituale.

Riguardo al Sacramento dell’Ordine, la Chiesa insegna che per mezzo suo incessantemente viene trasmessa dal Cristo e dagli Apostoli la Grazia che da origine ai Sacramenti. Ciò non va inteso nel senso che nessun Sacramento possa essere celebrato se non in seguito alla consacrazione sacerdotale, poiché ogni Cristiano può aprire la porta della Chiesa per mezzo del Battesimo ad un Bambino, ad un Ebreo ad un Pagano, ma piuttosto nel senso che l’Ordine racchiude in sé la pienezza della Grazia concessa dal Cristo alla Chiesa. Questa stessa, che rende partecipi i suoi membri della pienezza dei doni spirituali, stabilì, per effetto della libertà ricevuta dalla Grazia, differenze nei gradi dell’Ordine. Un dono a sé spetta al Sacerdote che può amministrare tutti i Sacramenti tranne l’Ordine, un’altro al Vescovo il quale amministra l’Ordine. Oltre la Grazia dell’Episcopato non c’è nulla. Elevata è la funzione di colui che ha ricevuto l’Ordine, in quanto egli, sebbene indegno, nel1’adempiere al suo misterioso ufficio, opera non da sé, ma per mezzo suo tutta la Chiesa, cioè il Cristo, il quale in essa è presente. Se venisse meno l’Ordine, cesserebbero tutti i Sacramenti, eccetto il Battesimo, e la stirpe umana rimarrebbe priva della Grazia, poiché la Chiesa stessa in tal caso testimonierebbe che il Cristo l’ha lasciata.

Riguardo al Sacramento della Cresima la Chiesa insegna che con esso vengono trasmessi al Cristiano i doni del Santo Spirito, i quali consolidano la sua fede e la sua santità interiore. Questo Sacramento, per volontà della Chiesa, non viene amministrato solo dai Vescovi, ma anche dai preti, sebbene il myron sia benedetto solo da un vescovo.

Sul Sacramento del Matrimonio la Chiesa insegna che la Grazia divina, la quale benedice la continuità delle generazioni nella esistenza temporale della stirpe umana e la sacra unione dell’uomo con la donna per formare la famiglia, è un dono misterioso, che impone a quelli che lo ricevono il dovere dell’amore reciproco e della santità spirituale, grazie a cui ciò che è peccaminoso e la materialità si trasformano in giustizia e purezza. Perciò gli Apostoli ed i grandi Dottori della Chiesa riconoscono il Sacramento del matrimonio anche presso i pagani, poiché, sebbene proibissero il concubinato, ammettevano il matrimonio tra Pagani e Cristiani per la ragione che l’uomo è santificato dalla fede della moglie e questa da quella del marito. Queste parole dell’Apostolo non significano che i non credenti si salvino grazie al loro legame con i credenti, ma che il matrimonio è santificato, poiché non viene santificato l’uomo, ma il marito e la moglie. L’essere umano non è salvato da un altro essere umano, ma il marito e la moglie sono santificati in rapporto al matrimonio in sé. Perciò il matrimonio non è un male neppure per coloro che adorano gli dei, ma non conoscono la Grazia divina, che è loro data. Ma la Chiesa riconosce e benedice l’unione dell’uomo con la donna, benedetta da Dio per mezzo dei suoi servitori consacrati. Perciò il matrimonio non è un rito, ma un Sacramento autentico. Esso è amministrato dalla Chiesa, poiché solo in essa tutto ciò che è santo si realizza nella sua pienezza.

Sul Sacramento della Penitenza la Chiesa insegna che senza di esso lo spirito umano non può purificarsi dalla schiavitù del peccato e dalla superbia peccaminosa, che l’uomo non può riscattarsi da solo dai suoi peccati (poiché noi siamo capaci solo di condannarci, non di assolverci) e la Chiesa sola ha il potere di giustificarci, poiché in essa è presente la pienezza dello Spirito del Cristo. Noi sappiamo che il primogenito del Regno dei Cieli, dopo il Redentore, è entrato nel Santuario di Dio grazie alla condanna di se stesso, cioè per mezzo del Sacramento della Penitenza, poiché egli disse: “Infatti abbiamo ricevuto quello che abbiamo meritato secondo le nostre opere”, e ricevette il perdono da Colui il quale solo può assolvere ed assolve per bocca della Chiesa.

Riguardo all’Unzione la Chiesa ci insegna che per mezzo di essa si ottiene la benedizione di tutta la fatica che l’uomo ha compiuto sulla terra e di tutto il cammino da lui percorso nella fede e nell’umiltà. Nell’Unzione si esprime il giudizio di Dio sulla condizione terrena dell’uomo, guarendolo, se tutte le risorse della medicina sono inutili, oppure consegnando alla distruzione, per mezzo della morte, il suo corpo corruttibile, che non è più necessario per la Chiesa terrestre e per le vie misteriose del Signore.

La Chiesa non conduce neppure sulla terra un’esistenza terrena o umana, ma divina e piena di grazia. Perciò non solo ciascuno dei suoi membri, ma anche essa stessa, si chiama solennemente Santa. La sua manifestazione visibile si ha nei Sacramenti, la sua vita interiore nei doni del Santo Spirito, nella fede, nella speranza e nell’amore. Oppressa e perseguitata da nemici esterni, turbata e lacerata spesso dalle malvagie passioni dei suoi figli, essa è conservata e si conserva incrollabile là dove i Sacramenti e la Santità sono conservati immutati. Né si deforma né ha mai bisogno di alcuna correzione. Essa non vive sotto le leggi della schiavitù, ma in quella della libertà e non riconosce su di sé alcun potere oltre il proprio, alcun tribunale al di fuori di quello della fede (poiché l’intelletto non la può comprendere) e manifesta il suo amore, la sua fede e la sua speranza nelle preghiere e nei riti che le sono ispirati dallo Spirito della Verità e dalla Grazia del Cristo. Di conseguenza, sebbene i suoi riti non siano immutabili, poiché essi sono creati dallo Spirito della libertà e possono essere modificati secondo il giudizio della Chiesa, tuttavia mai ed in nessun caso possono contenere il minimo errore o dottrina erronea. Ma, finché non vengono cambiati, i riti sono obbligatori per i suoi membri, poiché da essi consegue la gioia della santa unità.

L’unità eterna della Chiesa è quella che si manifesta nella comunione dei Sacramenti; l’unità interiore in quella dello Spirito. Molti, ad esempio alcuni martiri, si salvarono senza essere partecipi di alcun Sacramento della Chiesa, neppure del Battesimo, ma non si salva nessuno senza partecipare dell’unità interiore della Chiesa, della sua fede, della sua speranza ed amore, poiché non sono le opere a salvare, ma la fede. La fede però non è in sé discorde, ma unitaria, vera e vivente. Perciò errano sia coloro che sostengono che la fede sola non salva, ma che sono necessarie anche le opere, sia quelli che affermano che la fede salva senza le opere. Infatti, se mancano le opere, la fede è morta; se è tale, non è vera, poiché nella fede vera il Cristo è la Verità e la Vita. Ma, se la fede non è vera, ne consegue che è falsa, cioè è una conoscenza esteriore. Può la menzogna salvare? Se la fede è vera, è vivente, cioè essa compie opere, e se è tale, quali altre opere sono necessarie? L’Apostolo, ispirato da Dio, scrive: “Testimoniami per mezzo delle tue opere la fede, di cui vai superbo, così come anch’io per mezzo delle mie opere testimonio la fede”. Con queste parole egli riconosce due tipi di fede? Per nulla, ma smaschera la superbia priva di ragione. “Tu credi in Dio, ma anche i demoni credono in lui”. Riconosce con queste parole la presenza della fede nei demoni? No, ma solo smaschera l’errore che va superbo di una qualità, che anche i demoni possiedono. “Come il Corpo è morto senza l’anima, così la fede senza le opere”. Paragona forse la fede con il corpo e le opere con l’anima? No, poiché un simile confronto non sarebbe esatto, ma il senso delle sue parole è chiaro. Come il corpo privo dell’anima non è più un essere vivente, ma può essere definito solo come un cadavere, così anche la fede, che non produce opere, non può essere considerata una vera fede, ma falsa, cioè una scienza esteriore che, non produce frutti e che è accessibile anche al demonio. Ciò che è scritto semplicemente, deve anche essere letto semplicemente. Perciò coloro che citano l’Apostolo Giacomo per dimostrare che c’è una fede morta ed una viva, per così dire due generi di fede, non comprendono il significato delle parole dell’Apostolo, poiché egli parla non a loro favore, ma contro di loro. Così pure quando il grande Apostolo delle genti afferma: “Che vantaggio vi è in una fede, che muova le montagne, se non c’è l’amore?”, egli non ammette la possibilità di una fede senza l’amore, ma, in quanto la presuppone, la dichiara inconsistente.

Non con lo spirito della sapienza terrena, che crea problemi di parole, deve essere letta la Sacra Scrittura, ma con lo spirito della sapienza divina e della semplicità spirituale. Definendo la fede l’Apostolo scrive: “La fede è fondamento delle cose che non si vedono, testimonianza di ciò che è sperato” (non solo di ciò che è atteso o futuro). Ma se speriamo, desideriamo, amiamo, poiché non si può desiderare ciò che non si ama. O forse anche i demoni hanno una speranza? Perciò la fede è una e quando chiediamo: “Può salvare la vera fede senza le opere?”, poniamo una domanda senza senso, o, per dire meglio, non domandiamo nulla affatto, poiché la vera fede è vivente ed attiva; è la fede del Cristo ed il Cristo nella fede. Coloro i quali hanno accettato come fede “la fede morta”, cioè falsa, o la conoscenza esteriore, sono giunti nel loro errore al punto di fare, senza accorgersene, di questa fede morta un ottavo Sacramento. La Chiesa ha la fede, ma una fede viva, poiché essa ha anche la santità. Ma se un uomo o un vescovo hanno la fede, che possiamo dire? Ha anche la santità? No, poiché è infamato dalla colpa e dai costumi corrotti. La fede è in lui presente, sebbene egli sia un peccatore. Di conseguenza la fede per lui sarebbe l’ottavo Sacramento, poiché ogni Sacramento è effetto della Chiesa su una persona sia pure indegna. Allora quale fede è in lui presente per opera di questo Sacramento? Quella viva? No, perché egli è un peccatore, ma quella morta, cioè quella conoscenza esteriore accessibile anche ai demoni. E questo sarebbe l’ottavo Sacramento? Così l’allontanamento dalla Verità si condanna da sé[6].

Si deve comprendere che non la fede, non la speranza né l’amore salvano (infatti può salvare la fede nell’intelletto o la speranza nel mondo o l’amore per la carne?), ma salva l’oggetto della fede. Se credi nel Cristo, sarai salvato per mezzo del Cristo nella fede; se credi nella Chiesa, sarai salvato attraverso la Chiesa. Se credi nei Sacramenti del Cristo, sarai salvato grazie ai Sacramenti. Giacché il Cristo è il nostro Dio nella Chiesa e nei Sacramenti. La Chiesa dell’Antico Testamento fu salvata grazie alla fede nel futuro Redentore, Abramo si salvò, come anche noi, nel Cristo. La sua speranza era rivolta al Cristo, mentre per noi il Cristo è la nostra gioia. Ne deriva che colui che desidera il Battesimo, è battezzato nel desiderio. Chi invece ha ricevuto il Battesimo, ha la sua gioia nel Battesimo. Entrambi sono salvati grazie alla stessa fede nel Battesimo. Sebbene si possa obiettare: “Se la fede nel Battesimo salva, a che scopo farci battezzare?”. Se tu non ricevi il Battesimo, che cosa allora desideri? Evidentemente la fede, che desidera il Battesimo, deve perfezionarsi nel ricevere il Battesimo stesso, che è la sua felicità. Perciò anche la famiglia di Cornelio ricevette il Santo Spirito, ancora prima di essere battezzata, ed il paralitico fu pieno del Santo Spirito dopo il Battesimo. Infatti Dio può glorificare il Sacramento del Battesimo sia prima che sia compiuto, che dopo il suo compimento. Così scompare la differenza tra “opus operans” e “opus operatum”. Sappiamo che molti non battezzavano i bambini, molti non li facevano comunicare, molti non li facevano ungere con il myron. Ma di diverso parere è la Chiesa, la quale battezza i fanciulli, li fa ungere con il myron e li ammette alla comunione. Essa prese questa decisione non perché condannasse i bambini non battezzati, i cui Angeli custodi vedono sempre il volto di Dio, ma bensì per lo spirito di carità che in essa vive, affinché già il primo pensiero del ragazzo, che comincia a prendere coscienza di sé, non fosse solo un’aspirazione al Sacramento, ma letizia per averlo ricevuto. Conosci la gioia di un fanciullo, il quale apparentemente non ha ancora preso coscienza di sé? Non si è rallegrato nel Cristo il Precursore non ancora nato? Hanno negato il Battesimo, la Cresima, e l’Eucaristia ai bambini quanti hanno ereditato la cieca sapienza del paganesimo, quanti non comprendevano la maestà dei divini Sacramenti, di tutto cercavano la ragione e l’utilità, e, sottoponendo la dottrina della Chiesa ad un’interpretazione scolastica, non vogliono neppure pregare, se nella preghiera non vedono alcun fine diretto né alcun vantaggio immediato. Ma la nostra non è una legge di schiavi o di operai che lavorano a giornata, i quali si affaticano per un compenso, ma è una legge di adozione e di libero amore.

 

9. Sappiamo che, se qualcuno di noi cade, cade egli solo, ma nessuno si salva da solo. Infatti colui che si salva, si salva nella Chiesa, in quanto è suo membro ed è unito con tutti gli altri membri. Se una crede, è nella comunione della fede; se uno ama, è nella comunione dell’amore; se una prega, è nella comunione della preghiera. Perciò nessuno può sperare solamente nella propria preghiera e, mentre prega, invoca l’assistenza di tutta la Chiesa, non perché dubiti dell’unico intercessore, il Cristo, ma perché è convinto che tutta la Chiesa prega continuamente per tutti i suoi membri. Per noi pregano tutti gli Angeli e gli Apostoli, i Martiri ed i Progenitori e colei che è a tutti superiore, la Madre del Signore, e questa santa unità è la vera vita della Chiesa. Tuttavia, se la Chiesa visibile e quella invisibile pregano incessantemente, perché da parte nostra le si debbono chiedere preghiere? Ma non chiediamo al Cristo la misericordia, sebbene egli prevenga la nostra preghiera? perciò chiediamo le preghiere della Chiesa, proprio perché sappiamo che concede l’aiuto della sua intercessione anche a quelli che non la chiedono, ed a colui che l’invoca dà incomparabilmente molto di più di quanto egli chiede. Infatti in essa è presente, la pienezza del Santo Spirito. Così noi celebriamo tutti coloro che Dio ha glorificato e glorifica. Giacché, come, potremmo dire che il Cristo è presente in noi, se non diventiamo simili a lui? Perciò glorifichiamo gli Angeli, i Profeti ed in particolare la purissima Madre del Signore Gesù, che non consideriamo senza peccato in rapporto alla sua nascita, né perfetta (infatti senza peccato e perfetto è il solo Cristo), ma perché memori che la sua inconcepibile superiorità nei riguardi di tutta la creazione divina è testimoniata dall’Angelo e da Elisabetta ed in particolare dal Salvatore stesso che volle che il suo grande Apostolo e veggente San Giovanni le obbedisse come un figlio e la servisse.

Così come ognuno di noi chiede a tutti le preghiere, nello stesso modo è debitore nei confronti degli altri per le proprie, siano essi viventi che defunti ed anche non ancora nati. Infatti, in quanto chiediamo che il mondo comprenda Dio (come lo facciamo con tutta la Chiesa), non preghiamo solo per le presenti generazioni, ma anche per coloro che Dio chiamerà in vita. Preghiamo per i viventi, affinché la Grazia di Dio si riversi su loro, e per i defunti, perché siano resi degni di contemplare Dio. Noi non ammettiamo uno stato intermedio delle anime, che non sono state ancora accolte nel Regno di Dio, ma neppure sono state dannate, poiché di un siffatto stato non abbiamo nulla appreso dagli Apostoli, né dal Cristo. Non ammettiamo il Purgatorio, cioè la purificazione delle anime per mezzo delle sofferenze, da cui ci si può liberare per mezzo delle opere proprie o di quelle altrui. Infatti la Chiesa non ammette la salvezza grazie a meriti e sofferenze esterne, all’infuori di quelli di Cristo, né un mercato con Dio, che ci riscatta dalle sofferenze con le buone opere.

Tutto questo paganesimo permane tra gli eredi della sapienza pagana, tra coloro che vanno superbi di un luogo, di un uomo e di una regione, tra gli inventori dell’ottavo Sacramento della fede morta. Noi invece preghiamo con spirito di amore, sapendo che nessuno può raggiungere la beatitudine se non grazie alla preghiera di tutta la Chiesa, in cui il Cristo è presente. Inoltre sappiamo e confidiamo che, finché i tempi non saranno giunti a compimento, tutti i membri della Chiesa, sia quelli vivi che i defunti, si perfezionano incessantemente per mezzo delle preghiere reciproche. Ben più elevati di noi sono i Santi glorificati da Dio. Ma più elevata di tutti è la Chiesa, la quale unisce in sé tutti i Santi e prega per tutti, come risulta dalla Liturgia ispirata da Dio. Nella sua preghiera si coglie anche la nostra, per quanto noi si sia indegni di essere chiamati figli della Chiesa. Se chinandoci davanti ai Santi e venerandoli chiediamo che Dio li glorifichi, non pecchiamo di superbia, poiché a noi che abbiamo ottenuto il permesso di chiamare Padre Dio è concesso anche di pregare: “Sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà”. E se ci è concesso di chiedere a Dio che egli glorifichi il suo nome e di compiere la sua volontà, chi allora ci può proibire di chiedere che Dio glorifichi i suoi Santi e conceda la pace ai suoi eletti? Ma non preghiamo per coloro che non sono stati eletti, poiché anche il Cristo non pregò per tutto il mondo, ma per coloro che Dio gli aveva affidato. Non dire: “Quale preghiera debbo recitare per chi è vivo o è morto, se la mia preghiera non è sufficiente neppure per me stesso?” Infatti se tu non sapessi pregare a che scopo pregheresti anche per te? Ma in te prega lo Spirito della carità e non dire neppure: “Che giova la mia preghiera agli altri, se essi stessi pregano ed il Cristo intercede per loro?”. Quando preghi, prega in te lo spirito dell’amore. E così pure non dire: “Non si può modificare il giudizio di Dio”, poiché la tua stessa preghiera è sulla via di Dio ed egli l’ha prevista. Se tu sei membro della Chiesa, la tua preghiera è necessaria per tutti i suoi membri. Se la mano dicesse che il sangue del resto del corpo non le è necessario e che essa non intende dargli il suo sangue, la mano si seccherebbe. Così anche tu sei necessario alla Chiesa in quanto sei in essa e, se tu ti stacchi dalla comunità, vai in rovina e cessi di essere membro della Chiesa. Questa prega per tutti e noi tutti preghiamo per tutti, ma la nostra deve essere una preghiera autentica, una vera espressione d’amore, non un rito mentale. “Poiché non possiamo amare tutti, preghiamo per coloro che amiamo e la nostra preghiera non sarà ipocrita”. Ma noi chiediamo a Dio che ci sia possibile amare tutti e pregare per tutti senza ipocrisia. La preghiera reciproca è il sangue della Chiesa ed il suo respiro è l’inno di lode a Dio. Noi preghiamo con spirito di carità, non per interesse, con spirito di libertà filiale, non secondo la legge di chi lavora per un compenso e che chiede uno stipendio, chiunque chieda quale vantaggio ci sia nella preghiera, si dichiara schiavo. La preghiera autentica è l’amore autentico.

Quello che più conta sono l’amore e l’unità. L’amore si manifesta in vari modi: nelle opere, nella preghiera e nel canto spirituale. La Chiesa benedice tutte queste manifestazioni d’amore. Se tu non sei capace di esprimere con le parole il tuo amore verso Dio e lo manifesti con un’immagine visibile, cioè con un’icona, ti condannerà la Chiesa? Affatto, ma essa condannerà colui che ti giudica male, poiché costui condanna il tuo amore. Sappiamo che ci si può salvare anche senza icone e che si salvarono, e se il tuo amore non richiede alcuna icona, anche tu ti salverai senza di essa. Ma se l’amore di un tuo fratello esige un’icona, tu condanni te stesso nello stesso momento in cui lo critichi. E così pure se, essendo cristiano, tu non puoi ascoltare con devozione la preghiera o l’inno composti da un tuo fratello, come osi contemplare senza devozione l’icona, che è opera del suo amore, non della sua arte? Il Signore stesso, il quale conosce il segreto dei nostri cuori s’è compiaciuto di glorificare non una volta sola una preghiera o un salmo; gli vuoi impedire di glorificare un’icona o le tombe dei Santi? Tu obietterai che l’Antico Testamento proibì la rappresentazione di Dio. Ma tu che conosci le parole della Chiesa, cioè le Scritture, meglio di quanto le comprenda essa stessa, non capisci che l’Antico Testamento non proibì la rappresentazione di Dio (giacché esso ammetteva la raffigurazione dei Cherubini, del serpente di bronzo e di scrivere il nome di Dio), ma vietò all’uomo di farsi un Dio secondo l’immagine di un qualsiasi oggetto terrestre o celeste, sia visibile che immaginario?

Se dipingi un’icona per ricordare Dio invisibile ed irrappresentabile, non fai alcun idolo. Se immagini Dio e credi che sia simile all’immagine da te composta, tu costruisci un idolo ed è questo il significato del divieto dell’Antico Testamento. L’icona (il nome di Dio dipinto con colori) o la rappresentazione dei suoi Santi, frutto dell’amore, non è proibita dallo Spirito della Verità. Non dire: “I Cristiani in tal modo diventeranno idolatri”, poiché lo Spirito del Cristo, il quale difende la Chiesa, è più saggio della tua sapienza calcolatrice. Perciò puoi salvarti anche senza le icone, ma non le devi respingere.

La Chiesa accoglie ogni rito che esprima la tendenza delle anime verso Dio così come accoglie la preghiera e le icone. Ma superiore a tutti i riti essa considera la Santa Liturgia, in cui è espressa la pienezza della dottrina e dello Spirito della Chiesa, non con segni o simboli convenzionali, ma con la parola di Vita e di Verità che dall’alto proviene. Comprende la Chiesa solo colui che comprende la Liturgia. Infine il punto più alto è dato dall’Unità nella Santità e nell’Amore.

 

10. Poiché la Chiesa professa di attendere la resurrezione dei morti ed il giudizio finale di tutta l’umanità, essa riconosce che si realizzerà il completamento di tutti i suoi membri con il suo stesso e che la vita futura non appartiene solo allo spirito, ma anche al corpo spiritualizzato, poiché Dio solo è uno spirito completamente senza corpo. Perciò essa respinge la superbia di coloro i quali predicano l’assenza del corpo al di là della tomba ed in tal modo disprezzano il corpo, nel quale il Cristo è risorto. Questo corpo non sarà materiale, ma simile a quello degli Angeli, poiché il Cristo disse che saremo simili agli Angeli.

Al Giudizio finale apparirà nella sua pienezza la nostra giustificazione nel Cristo. Non solo la santificazione, ma anche la giustificazione, poiché nessuno si è santificato o si santifica completamente se non è anche giustificato. Tutto ciò che è bene è prodotto in noi dal Cristo, sia nella fede, nella speranza o nell’amore; noi solo ci sottomettiamo alla sua opera, sebbene nessuno lo faccia pienamente. Chi può ancora parlare di meriti derivati dalle proprie opere o della riserva di meriti e preghiere? Solo quelli che ancora vivono sotto la legge della schiavitù. Tutto il bene è in noi opera del Cristo, ma noi non ci sottometteremo mai completamente a lui, neppure i Santi si sottomettono, come ha detto il Redentore stesso. Tutto è opera della Grazia ed essa viene concessa gratuitamente a tutti, affinché nessuno possa mormorare, ma non a tutti nella stessa misura, non secondo la predestinazione, ma secondo la previsione, come dice l’Apostolo. Un talento minore fu dato a colui nel quale il Signore previde la negligenza affinché il rifiuto di un dono maggiore non fosse motivo di maggiore condanna. Anche noi non facciamo fruttare i talenti che ci sono stati dati, ma essi sono dati ai mercanti, affinché qui non abbiamo alcun merito, tranne quello di non esserci opposti al crescere della Grazia. Così viene meno la distinzione tra grazia “sufficiente ed operante”. Tutto fa la Grazia. Se tu la segui, in te si realizza completamente il Signore ed egli ti perfeziona. Ma non essere superbo della tua obbedienza, poiché anche questa è frutto della Grazia. Mai ci sottometteremo completamente alla Grazia, per cui oltre che la santificazione chiediamo anche la giustificazione.

Tutto ha il suo compimento nel Giudizio finale e lo Spirito di Dio, cioè lo spirito della fede, della speranza e dell’amore apparirà in tutta la sua pienezza ed ogni dono la raggiungerà con il suo più alto grado. Ma a tutti superiore sarà l’amore. Tuttavia non dobbiamo credere che i doni divini della fede e della speranza spariranno, poiché essi sono indivisibili dall’amore, ma solo quest’ultimo conserva il suo nome. Infatti la fede, raggiunta la sua perfezione, sarà una conoscenza ed una visione interiore e la speranza sarà gioia, poiché sappiamo già sulla terra che quanto essa è più forte, tanto più è lieta.

 

11. Secondo la volontà di Dio la Chiesa, dopo molti scismi ed il distacco dal patriarcato di Roma, s’è conservata nelle diocesi e nei patriarcati greci e solo possono considerarsi completamente cristiane quelle comunità che conservano il vincolo di unità con i patriarcati orientali o che vengono a far parte di questa unità. Infatti Dio è uno e la Chiesa è una ed in essa non c’è alcun contrasto né divergenza di idee. Perciò la Chiesa si chiama ortodossa o orientale o greco-russa ma tutte queste definizioni hanno solo un valore temporale. Non si deve accusare di superbia la Chiesa, perché essa si fregia dell’aggettivo “ortodossa”, poiché essa si chiama anche santa. Quando scompariranno gli errori dottrinali, anche l’attributo “ortodossa” sarà inutile, poiché allora non ci sarà alcun falso Cristianesimo. Quando la Chiesa si estenderà e tutti i popoli faranno parte di essa, scompariranno tutte le determinazioni locali, poiché la Chiesa non è legata ad alcun luogo e non conserva l’eredità della superbia del paganesimo, ma chiama se stessa Una, Santa, Cattolica ed Apostolica, in quanto sa che tutto il mondo le appartiene e che nessuna località ha un particolare significato, ma solo temporaneamente può servire e serve alla glorificazione del nome di Dio secondo la sua imperscrutabile volontà.

 

 

trad. di A. S.

In “Messaggero Ortodosso”, Roma, giugno-luglio 1983 Anno VII n° 6-7

 


 

[1] In quale anno sia stato composto questo articolo fondamentale per l’ecclesiologia ortodossa non è dato sapere con sicurezza. In uno stile severo, stringato e nello stesso tempo semplice ed accessibile a tutti, vi è esposto tutto ciò che più tardi l’autore trattò in forma elegante nei suoi scritti polemici in lingua francese. La traduzione è fatta sull’edizione di Mosca, “Polnoje Sobranije Socinjenij A. S. Chomjakova, Socinjenija bogoslovskija”, Ed. 5 Mosca 1907.

[2] AA.VV., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Milano 1991, 140.

[3] Come, ad esempio, il papa Onorio al concilio costantinopolitano III nel 680.

[4] Perciò anche colui che non è santificato dallo Spirito della Grazia può conoscere la Verità, come anche noi speriamo di conoscerla. Ma questa conoscenza altro non è se non una premessa, più o meno solida, un’opinione, un convincimento logico o una forma esteriore di conoscenza, che non ha nulla in comune con la vera conoscenza interiore, con la fede, che vede l’invisibile. Dio solo sa se anche noi abbiamo la fede.

[5] Significativo è il silenzio della Chiesa allorché essa non confuta uno scrittore; ma questo silenzio si trasforma in una decisa condanna quando essa non respinge il giudizio espresso contro una qualsiasi dottrina, poiché, in quanto essa non confuta questo giudizio, lo conferma con tutta la sua autorità (Si tratta della definizione conciliare del 553. Nota dell’editore).

[6] Come l’infallibilità in una fede morta è in sé una menzogna, così pure l’inconsistenza di una simile fede si manifesta nel fatto che questa infallibilità è legata ad oggetti della natura priva di vita, ad un luogo di residenza o di morte sicura o ad una successione vescovile o ad un trono. Ma noi sappiamo chi al tempo delle sofferenze del Cristo sedeva sul trono di Mosè.

 

 

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