LA TRIUNITà DI DIO

Semplici considerazioni con immagini schematiche 

 

Introduzione

La Chiesa, depositaria della Rivelazione neotestamentaria, ha formulato dogmi e articolato formule di fede solo dopo aver lungamente vissuto nel modo indicatole dal Fondatore. Posta davanti all’urgenza di combattere alcuni modi distorti d’intendere Dio ha dovuto rispondere e, da questa risposta, sono stati fissati dei dogmi. Riguardo a Dio la Chiesa primitiva aveva ricevuto da Cristo due verità: l’unità e la trinità.

Ben presto sorse il bisogno di spiegare queste verità, nei limiti del possibile, dal momento che c’era chi, per salvare l’unità di Dio, annullava la trinità e chi, per salvare la trinità in Dio, metteva in pericolo la Sua unità.

In altre parole i cristiani ortodossi che prestavano fede alle verità neotestamentarie, non potevano vedere alcuna contraddizione tra le espressioni evangeliche “Io e il Padre siamo una cosa sola”, “Chi vede me vede il Padre”, “Lo Spirito che il Padre vi manderà...”, e quelle vetero testamentarie che testimoniavano l’unità e l’unicità di Dio.

I Padri della Chiesa esposero brillantemente la soluzione a quello che per molti era un dilemma. Essi, prima di descriverlo simbolicamente, cercarono di viverlo incarnando la Scrittura ossia praticando l’ascesi, i comandamenti e le istruzioni evangeliche. La Scrittura così vissuta veniva da loro intesa nel modo corretto indicato dalla Tradizione della Chiesa, cioè nello spirito degli apostoli. Con questo spirito essi diedero al dogma della Trinità una spiegazione semplice, non filosofica o astratta, in modo da non violare il Mistero di Dio. Cercarono attentamente di mantenere intatte le seguenti verità in Dio:

Unità e Trinità – Immanenza e Trascendenza

Chiunque altro che si muoveva all’esterno dell’ottica e dello spirito patristico finiva per sottomettere la Rivelazione a vuote filosofie e alla sola razionalità svuotando, così, la Rivelazione stessa. Tale procedimento era definito “eretico” dalla parola greca “airesis”. L’“airesis”, infatti, non è altro che l’affermazione di una parte di verità, non della verità tutta intera. non esponibile se non in forma simbolica. Le espressioni simboliche (nella teologia, liturgia, spiritualità) sono le uniche possibili perché non svuotano il mistero, non lo spiegano chiudendolo nella razionalità (quasi che un mistero che è vita potesse essere soggetto e determinato da uno schema razionale), e presuppongono la possibilità, da parte dell’uomo, di un’esperienza ineffabile del divino. Il linguaggio simbolico, così, può mantenere tutta la sua pregnanza solo se presuppone una coerente concezione di uomo quale è stata illustrata dai Padri.

 

La soluzione patristica

Se si dovesse schematizzare brevemente la soluzione data dai Padri con la quale si mantengono l’insieme delle realtà rivelate su Dio dovremo fare un disegno come quello che vediamo alla destra di questo testo. L’area gialla indica tutto ciò che in Dio è comune.

Le realtà comuni sono di due tipi:

1) La sostanza o essenza o natura.
Indica la Divinità in Dio. Esiste una sola sostanza cioè una sola Divinità perché esiste un solo Dio.

2) Le energie.
Sono tutte quelle realtà che si possono elencare come l’amore, la volontà, la forza di Dio, ecc. In Dio c’è un solo amore, volontà, forza perché esiste un solo Dio. Vengono viste come energie di Dio i nomi che Dionigi Aeropagita attribuiva a Dio.

Abbiamo rappresentato la sostanza e le energie con il colore giallo perché, pur essendo distinte, si attribuiscono entrambe all’unità di Dio. Tuttavia le energie, a differenza della sostanza, si irradiano nella creazione (ecco la rappresentazione dei raggi che partono dal globo). Così le energie sono conoscibili e partecipabili. L’uomo, per i Padri, esperisce la presenza di Dio nelle sue energie con il cuore (= l’interiorità). È perciò che per conoscere meglio Dio si deve praticare l’ascesi. La sostanza divina, invece, essendo ciò che fa in modo che Dio sia Dio, resta totalmente inconoscibile, impartecipabile e trascendente alla creazione. La sostanza divina rimane totalmente inconoscibile anche ai Santi del Paradiso altrimenti ci sarebbe identità tra questi e Dio, spersonalizzazione e fusione.

Le distinzioni in Dio sono le tre persone divine: Padre, Figlio e Spirito Santo. Esse condividono tutto tranne quello che fa in modo che esse sussistano come persone cioè i loro attributi personali:

1) Il Padre si qualifica in questo modo perché è ingenerato (senza origine né generazione) ed è l’unica fonte di vita;
2) Il Figlio è tale perché è generato dal Padre;
3) Lo Spirito Santo è tale perché si origina dal Padre per processione non per generazione (altrimenti il Figlio non sarebbe più unigenito). I termini generazione e processione sono biblici.

Di queste distinzioni, cioè delle persone divine, non possiamo dire altro come non possiamo dire che cos’è la sostanza divina, nonostante possiamo esperirne le energie. Le Persone comunicano tra loro solo attraverso la comune sostanza-energia, non comunicano come persone, altrimenti verrebbero meno come distinzioni; le persone sono incomunicabili sia nei riguardi della creazione che tra di loro! In tal modo il Padre non può amare come Padre e ricevere un amore personale da parte del Figlio, come hanno erroneamente scritto alcuni teologi ortodossi (Yannaras, Zizioulas, O. Clément) confondendo questa esposizione patristica con i presupposti filosofici moderni esistenzialisti e personalisti. Alla stessa maniera il Padre non può avere una volontà distinta dal Figlio perché volontà, amore, libertà ecc. sono idiomi o caratteristiche che si legano all’unica natura divina, non alla persona. A tal proposito San Giovanni Damasceno precisa:

Il Dio e Padre di tutte le cose vuole o in quanto Padre o in quanto Dio? Ma se vuole in quanto Padre, allora la sua volontà sarà altra rispetto a quella del Figlio, giacché il Figlio non è Padre. Invece, se vuole in quanto Dio – e Dio è il Figlio, Dio anche lo Spirito Santo –, di conseguenza la volontà è della natura, e cioè inerente alla natura. (Esatta esposizione della fede ortodossa, III, 14).

Nei suoi rapporti verso il creato la Trinità procede sempre assieme. Esiste un solo Dio! Per questo solo in questo caso si può dire che lo Spirito, procedente dal Padre passa attraverso il Figlio e santifica con l’energia divina il cosmo.

Solo dopo la sua incarnazione il Figlio, da sempre esistente in Dio, ha assunto pure la nostra stessa natura umana. Essa coesiste senza confusione né mescolamento con quella divina. In tal modo la natura umana, presa dal Figlio, è ora assunta nella Trinità. A partire da tale assunzione è possibile parlare della Redenzione come di una progressiva deificazione dell’uomo.

 

La soluzione franco-agostiniana.

Né sant’Agostino (V sec.) né i teologi franchi (IX sec.) compresero bene la semplicità di questo discorso patristico. In tal modo quando i franchi vollero cercare di salvare la divinità del Figlio davanti all’eresia adozionista che la negava fecero un ragionamento simile:

“Dal momento che Cristo è Dio come il Padre deve avere in comune la sua sostanza (la divinità) e le sue caratteristiche. Il Padre fa nascere lo Spirito? Bene! Anche il Figlio lo deve fare altrimenti viene meno nella divinità”.

Così è stata confusa una caratteristica personale incomunicabile, la paternità ossia la capacità di originare da sé, di essere fonte di vita, con un attributo comune a tutte le persone divine (la divinità).

Da questa confusione è nato il Filioque che tutti i papi romani del primo millennio hanno coerentemente rigettato.

Più tardi, quando si tenne il Concilio di Ferrara-Firenze per unire il Patriarcato di Costantinopoli alla Chiesa di Roma si trovò una soluzione per salvare “capra e cavoli”: il Filioque franco, che nel frattempo Roma dopo averlo accolto non poteva più rigettare, con i concetti della tradizione patristica. Allora si proclamò: “Lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio come da un unico principio”. Tuttavia si comprende bene che tale espressione è frutto di compromesso e può “funzionare” solo nel campo della logica astratta. Nel quadro patristico risulta essere completamente fuori luogo.

Le energie, sulle quali parlano estesamente molti Padri del cristianesimo indiviso, in Occidente non furono mai prese in considerazione. Se quindi vogliamo fare uno schema della Trinità “architettata” dai franchi sulla quale si basa ancora la teologia occidentale moderna dovremo rappresentarla come alla nostra sinistra. La diversità grafica tra questo schema e quello superiore è lampante. All’interno della comune divinità spicca il Padre concausa dell’esistenza dello Spirito con il Figlio (Filioque). La processione avviene “come da un unico principio” e quindi Padre e Figlio sono uniti tra loro e si distinguono rispetto allo Spirito. La comune divinità o sostanza divina in questo sistema coincide con volontà, amore, forza che non sono energie divine ma attributi legati alla sostanza stessa. I nomi divini areopagitici hanno quindi un’interpretazione completamente differente: dal momento che tali attributi sono conoscibili si può conoscere la sostanza di Dio. Tale conoscenza procede, però, unicamente attraverso l’intelletto, facoltà superiore presente nella mente umana.

Un altro elemento di confusione trinitaria che si può senza dubbio attribuire a sant’Agostino è l’identità dello Spirito Santo. Quando Agostino e tutta la teologia franca dicono che lo Spirito è “l’amore che si scambiano il Padre e il Figlio” riducono la persona dello Spirito al livello di un’energia comune. Poi, dal momento che lo Spirito come amore soffia dal Padre al Figlio e viceversa, non si capisce più cos’è che fà la sua persona. Intendere lo Spirito come amore significa farlo appropriare di qualcosa che, in realtà, è unica ed è diffusa in tutti. Esiste un solo amore nel Padre nel Figlio e nello Spirito perché esiste una sola divinità!

Questa sommaria spiegazione è già sufficiente per far capire senz’alcuna meraviglia l’affermazione di qualche teologo ortodosso per cui la teologia franca ha creato un vero e proprio sconvolgimento all’interno del semplice e coerente schema trinitario patristico, sconvolgimento che, da un certo punto in poi, si proiettò nel modo d’intendere e rappresentare la Chiesa.

 

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/triunit.htm

 

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