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Santo Stefano di Fileika : Sulla Preghiera |
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Sacerdote Alexei Veretelnikov Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato (Rm 10,13) Lo scopo della vita cristiana sulla terra è quello di lottare per l’unione con Dio, affinché l’uomo, sviluppando gradualmente le capacità spirituali poste in lui dal Creatore, possa alla fine unirsi a Lui nell’eternità e godere della comunione con Lui. Chi desidera raggiungere la salvezza dell’anima non deve solo lottare contro il peccato, ma anche sforzarsi di acquisire le virtù. Secondo l’insegnamento dell’asceta e scrittore spirituale Santo Stefano di Fileika, l’aspetto più importante del lavoro spirituale, nonché mezzo per acquisire le virtù, è la preghiera. È impossibile immaginare la vita spirituale di un uomo senza l’ascesi della preghiera, perché “senza la preghiera non solo si indebolisce ogni virtù, ma cessa nell’uomo la stessa vita spirituale dei perfetti”. “Per lavorare ad una buona impresa per la fede e completare il corso della nostra vita terrena senza inciampare, dobbiamo pregare con vigilanza”. La preghiera, secondo l’insegnamento del santo, è innanzitutto un mezzo necessario e insostituibile “per liberarci dalle tenebre ed entrare nella meravigliosa luce di Dio, ovvero per uscire dal potere di satana (cfr. At 26,18) e stabilirci nel Regno di Dio”. In secondo luogo, è necessaria per la conservazione della grazia data da Dio. “La fiamma accesa dalla preghiera non permette a nessun pensiero peccaminoso di raggiungere il cuore”, insegna p. Stefano. In terzo luogo, la preghiera è il nucleo e il respiro della vita spirituale, senza la quale l’uomo muore nello spirito: “Come la vita di un pesce finisce senza acqua, così senza la preghiera l’anima dell’uomo, separata dallo Spirito di Dio, si congela o cade in un sonno mortale”. “Ecco il segno di un’anima morta per Dio: l’intorpidimento del cuore, la cessazione della preghiera interiore”. Molti disturbi spirituali, secondo P. Stefano, sono direttamente collegati all’assenza di attività di preghiera nella vita dell’uomo: “È per questo che l’uomo si perde d’animo: perché smette di pregare”. Il santo definisce la preghiera come “la petizione della mente e del cuore a Dio, l’unione dell’anima con Dio e, attraverso la sua azione, la rivitalizzazione e il respiro dello Spirito immortale”. Allo stesso tempo, l’essenza della preghiera dovrebbe manifestarsi nell’appello della mente e del cuore dell’uomo a Dio, senza il quale “la preghiera esterna è come un frutto del grembo senza anima, nato morto”. Secondo Santo Stefano, la preghiera stessa è un dono di Dio: “L’uomo impara la preghiera solo da Dio, che dà la preghiera a colui che prega”. All’uomo è richiesta la partecipazione del suo cuore: “Chi prega veramente è colui che prega con il suo spirito, senza il quale anche le suppliche più eloquenti sono vane. Perciò, non considerate un successo nella preghiera quando leggete molte preghiere, ma quando ogni parola viene dal vostro cuore”. Come pregare Parlando della preghiera, Santo Stefano non enfatizza la regola della preghiera in sé, ma parla del lavoro orante in quanto tale. Va notato che Santo Stefano celebrava l’intero ciclo di funzioni quotidiane e leggeva ogni giorno l’acatisto. Dava una particolare preferenza all’akathistos della Santa Protezione della Santissima Theotokos e consigliava agli altri di leggere un akathistos ogni giorno. Né il luogo né la posizione del corpo giocano un ruolo essenziale nel successo dell’opera di preghiera. “Se avete il cuore spezzato, le persone non vi ostacoleranno e il luogo non vi impedirà di offrire il vostro sacrificio a Dio in qualsiasi momento. Potete sedervi per terra e guardare il cielo e sospirare per i vostri peccati – anche sdraiarsi non è peggio che stare in piedi in Chiesa – e implorare la misericordia di Dio, perché Dio non disdegna nessuna posizione da un uomo di preghiera se ha una disposizione spirituale verso di Lui e un cuore pentito”. Allo stesso tempo, il santo indica con chiarezza la necessità di andare alle funzioni religiose: “Sappiamo che nella casa di Dio c’è un ministero divino; perché se qualcuno non va alla casa di Dio, significa che non vuole servire Dio; chi non vuole essere un servitore di Dio, diventa involontariamente uno schiavo del nemico di Dio – il diavolo – e perderà l’eredità degli schiavi di Dio – il Regno dei Cieli – e andrà nel tormento preparato per il diavolo e i suoi complici”. Va notato che un’opera di P. Stefano, Colloqui sul servire Dio nei giorni di festa, è completamente dedicata all’adempimento del quarto comandamento della Legge di Dio. Per pregare con successo, abbiamo bisogno di umiltà e timore di Dio. “Il Signore, come è detto, esaudirà i desideri di coloro che lo temono e ascolterà le loro suppliche (Sal 144,19); perciò, quando inizi a pregare, pensa a chi sei e a chi stai osando parlare”. Secondo il santo, una condizione necessaria per una preghiera corretta è la rinuncia alla propria volontà e la completa fiducia in Dio nel ricevere ciò che si implora: “Così, per esempio, un uomo desidera fare un bene che non è in grado di fare, o che è incongruente con il suo stile di vita, o che è prematuro, quando non ha né conoscenza né umiltà; allora lo spirito maligno accende un desiderio e lo costringe a fare il bene, da cui deriva confusione dell’anima, sconforto e persino disperazione. Ecco perché non dobbiamo pregare secondo il nostro desiderio, ma come è gradito a Dio; perché Lui solo sa come l’anima di ogni uomo può essere salvata”. Sarebbe irrazionale pregare con un cuore impuro, con uno spirito non contrito, chiedendo cose vane e terrene a scapito di quelle spirituali. “Ma forse il più grande di questi mali”, conclude P. Stefano, “è pregare con cattiveria contro il nostro prossimo. Se un uomo porta nella casa di Dio l’odio per un altro invece del sacrificio gradito a Dio di uno spirito contrito, la sua preghiera sarà peccato per lui, gli porterà una grande condanna e sarà rifiutata da Dio”. “La preghiera esterna fatta con malizia, senza il perdono del nostro prossimo e fatta per esibire la nostra vanità non è solo inaccettabile, ma peccaminosa davanti a Dio. La longanimità di Dio è messa a dura prova da quelli di noi che si rivolgono a Lui con minore riverenza che ad un nobile, che leggono le preghiere così frettolosamente che la mente non riesce a seguire le parole; e quindi i nostri pensieri, come il fumo del sacrificio di Caino, non fanno che vorticare sopra la terra”. Non meno importanti nell’opera di preghiera sono la temperanza del ventre e il silenzio divinamente saggio. Santo Stefano rivela il problema della dispersione mentale nella preghiera. In linea con l’esperienza patristica, egli incoraggia l’uomo a non scoraggiarsi e a non rinunciare alla preghiera, ma a “sforzarsi con tutte le sue forze di rivolgere la mente a Dio o di racchiuderla nel significato delle parole della preghiera”, di dirigere i propri pensieri a Dio anche solo per un breve periodo. Attraverso la preghiera frequente, l’uomo può acquisire “quello spirito orante che si riverserà davanti a Dio dalla pienezza del cuore”. La preghiera di Gesù Naturalmente, Santo Stefano pone un’enfasi particolare sulla preghiera di Gesù: “L’invocazione del nome del Signore, o la preghiera: ‘Signore, abbi pietà! Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!'” è un’opera senza la quale è impossibile salvarsi. Perché non siamo salvati con le nostre forze, ma per la misericordia di Dio; perciò, per ogni petizione gridiamo in chiesa: “Kyrie elison!”. “La preghiera del cuore, o preghiera noetica, è accompagnata dalla visione, dalla contemplazione di Dio stesso, che si ottiene costringendosi costantemente a pensare a Dio, implorando senza sosta la misericordia di Dio per se stessi… Chi purifica il suo cuore da ogni pensiero vano e stabilisce la sua mente in pensieri di Dio, la sua anima sarà piena di gioia alla presenza del Signore e godrà per sempre della beatitudine alla sua destra (Sal 15,11)”. Un tale uomo “non cessa più di pregare, se abbandona se stesso, perché lo Spirito di Dio in lui intercede costantemente per la sua salvezza e produce nella sua anima gemiti che sono, come si dice, inesprimibili. Allora, anche in stato di sonno, come in stato di veglia, la preghiera non cessa mai nell’anima; ma sia che quest’uomo prenda cibo e bevande o altro, anche nel sonno profondo, la preghiera sgorga dal suo cuore senza alcuna difficoltà. Tale preghiera, anche se esternamente tace, emette sempre una dolce fragranza nell’anima, la porta sempre alla tenerezza, alla contemplazione dell’imperscrutabile bontà di Dio”. Per questo motivo, l’uomo che ha acquisito una tale dispensa si sforza di fare più silenzio e si allontana dalla comunione con le persone. Ed è proprio questo stato di spirito orante che è prezioso davanti a Dio, quando “l’uomo nascosto nel cuore gli offre le sue suppliche e la gratitudine di uno spirito mite e silenzioso”. Come imparare la preghiera di Gesù Per coloro che non hanno acquisito l’abilità di pregare sempre nello spirito, Santo Stefano li esorta a pregare verbalmente più spesso e a rafforzare questa preghiera con le prostrazioni. “La preghiera noetica e la preghiera del cuore non si acquisiscono da un giorno all’altro, ma avvengono come risultato di una maggiore costrizione e di un esercizio costante della preghiera”, conclude P. Stefano. Secondo il santo, costringersi alla preghiera notturna aiuta ad acquisire la preghiera, che non si ferma più, nemmeno nel silenzio del sonno. Ma allo stesso tempo è importante ricordare che “la forza della consolazione piena di grazia della preghiera non sta nelle parole, ma nella disposizione dell’anima e nell’unione del cuore con Dio. Perciò non preoccupatevi di dire il più possibile la Preghiera di Gesù (così chiamata perché si ripete il nome di Gesù Cristo), ma cercate di tenere la mente e il cuore incollati a Dio e di trovare ogni bene nella comunione con Lui”. “Il modo migliore per la preghiera silenziosa – noetica o spirituale – è il seguente: Attirare l’attenzione della mente sul cuore e mantenerla in quello stato senza alcun pensiero, dicendo internamente: ‘Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me’. Questa semplice azione porta l’anima nello stato più pacifico, stabilisce il Regno di Dio all’interno e produce una meravigliosa consolazione e un riposo insormontabile in Dio”. Parlando delle altezze dell’attività di preghiera, il santo spesso conforta il suo lettore con questi pensieri: “Certo, non si può raggiungere subito lo stato in cui si prega con vera preghiera; i santi non hanno raggiunto subito questa alta beatitudine; ma con lo sforzo, impegnandosi costantemente nella preghiera, hanno prodotto i frutti nella pazienza”. Preghiera ed elemosina Ma nonostante l’importanza dell’opera della preghiera, “la preghiera da sola non basta per la salvezza”, ammonisce Santo Stefano, “perché il Signore stesso dichiara: E perché mi chiamate Signore, Signore, e non fate le cose che dico?” (Lc 6,46). La fede senza le buone opere è morta (cfr. Gc 2,20). Pertanto, dobbiamo guardare alle opere gradite a Dio che animano l’anima ed elevano l’uomo al regno della vita eterna”. “Affinché l’anima si elevi dalle cure terrene a quelle celesti, dobbiamo, come qualcuno ha detto, darle due ali: la preghiera e l’elemosina. L’elemosina ci libera dalla morte”, dice la Scrittura, “e non ci permette di sprofondare nelle tenebre (cfr. Tb 4,11). Nella ricerca delle benedizioni celesti, la preghiera funge da seconda ala. Per sconfiggere gli spiriti celesti del male (cfr. Ef 6,12), che fanno sprofondare l’anima nell’incredulità e nello sconforto, abbiamo bisogno di una preghiera diligente a Dio Salvatore”… Santo Stefano, lui stesso grande uomo di preghiera che ha sperimentato i frutti dell’opera della preghiera, con il suo consiglio ispira ad andare incontro al Dio che ci cerca attraverso la preghiera, per entrare in comunione con Dio e raggiungere la conoscenza di Dio. Il consiglio del santo ispira ogni uomo che desidera salvare la propria anima a intraprendere il lavoro della preghiera: “La preghiera dell’uomo più peccatore può fare molto quando sorge dal profondo di un cuore contrito e umile; l’esperienza di tutti i secoli dimostra che tutti coloro che sperano nel Signore sono considerati degni del suo favore”. “Quindi, abbiate zelo per la preghiera e non consideratela più inutile; non pensate di sprecare tempo ed energie quando offrite un servizio verbale a Dio”.
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