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Padri del Deserto |
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GREGORIO IL TEOLOGO
ἀββᾶς Γρηγόριος
ο Θεολόγος
I tre gerarchi. Basilio di Cesarea che
abbiamo già incontrato su, Giovanni Crisostomo Patriarca di
Costantinopoli e Gregorio Vescovo di Nanzianzo detto “il Teologo”.
Gregorio nacque a Nazianzo nel
330 e morì nel 390. Fu compagno di studi del Grande Basilio ma con un
temperamento molto differente. Molto battagliero il primo, più
contemplativo il secondo. Non resistette infatti nel ruolo di Patriarca
di Costantinopoli e preferì rifugiarsi fino alla morte nella
tranquillità della sua Nanzianzo da dove illuminò l’ortodossia grazie
alla sua teologia divinamente ispirata. Non fu un eremita anche se
condivise delle esperienze con lo stesso Basilio e compare in questa
raccolta per l’onore che gli era tributato in tutta la Chiesa.
1. Abba Gregorio diceva: "Queste tre cose Dio le richiede a tutti i
battezzati: la retta fede nel cuore, la verità sulla lingua, la
temperanza nel corpo".
2. Disse anche: "L'intera vita di un uomo non è che un solo giorno per
coloro che lavorano duramente e con desiderio".
GELASIO
ἀββᾶς
Γελάσιος
1. Di Abba Gelasio si diceva che possedeva una Bibbia di cuoio del
valore di diciotto pezzi d'argento. In effetti conteneva tutto l'Antico
e il Nuovo Testamento. L'aveva messa in Chiesa perché tutti i fratelli
che lo desideravano potessero leggerla. Un fratello sconosciuto venne a
trovare il vecchio e, vedendo la Bibbia, volle averla e la rubò mentre
se ne andava. L'anziano non gli corse dietro per prenderla, pur sapendo
cosa stava facendo. Allora il fratello andò in città e cercò di venderla
e, trovato un acquirente, gli chiese tredici pezzi d'argento.
L'acquirente gli disse: "Prima prestamela, così la esaminerò e poi ti
darò il prezzo". Così gliela diede. Prendendola, l'acquirente la portò
ad Abba Gelasio perché la esaminasse e gli comunicò il prezzo che il
venditore aveva stabilito. Il vecchio gli disse: "Comprala, perché è
bella e vale il prezzo che mi hai detto". Quest'uomo, quando tornò,
disse al venditore qualcosa di molto diverso e non quello che gli aveva
detto l’anziano. L'ho mostrata ad Abba Gelasio", disse, "e mi ha
risposto che era cara e non valeva il prezzo che dicevi tu". Sentendo
questo, chiese: "L’anziano non ha detto altro?" "No", rispose. Allora il
venditore disse: "Non voglio più venderla". Pieno di rimorsi, andò a
cercare l’anziano, per fare penitenza e chiedergli di riprendersi il
libro. Ma non voleva porre rimedio alla perdita. Allora il fratello gli
disse: "Se non la riprendi, non avrò pace". L’anziano rispose: "Se non
avrai pace, allora la riprenderò". Così il fratello rimase lì fino alla
morte, edificato dallo stile di vita dell’anziano.
2. Una cella circondata da un appezzamento di terreno era stata lasciata
ad Abba Gelasio da un anziano, anch'egli monaco, che aveva la sua dimora
nei pressi di Nicopoli. Ora, un parente del defunto che era un contadino
al servizio di Bacato, che allora era governatore a Nicopoli in
Palestina, andò a cercare Bacato, chiedendogli di ricevere
l'appezzamento di terra, perché, secondo la legge, doveva tornare a lui.
Bacato era un uomo violento e cercò di sottrarre il campo ad Abba
Gelasio con la forza. Ma il nostro Abba Gelasio, non volendo che una
cella monastica fosse ceduta a un secolare, non volle cedere il terreno.
Bacato, accortosi che le bestie da soma di Abba Gelasio trasportavano
olive dal campo che gli era stato lasciato, le fece deviare con la forza
dal loro percorso e prese le olive per sé; a stento restituì le bestie
con i loro conducenti, avendo fatto subire loro degli oltraggi. Il
vecchio benedetto non reclamò i frutti, ma non cedette il possesso della
terra per il motivo che abbiamo esposto sopra. Furioso con lui, Bacato,
che aveva anche altre questioni da sbrigare (perché amava le cause), si
diresse a Costantinopoli, facendo il viaggio a piedi. Giunto nei pressi
di Antiochia, dove la fama di San Simeone brillava di grande splendore,
sentì parlare di lui (era davvero un uomo eminente) e, da cristiano,
desiderò vedere il santo. Il beato Simeone, dall'alto della sua colonna,
lo vide appena entrato nel monastero e gli chiese: "Da dove vieni e dove
vai?" Egli rispose: "Vengo dalla Palestina e sto andando a
Costantinopoli". E continuò: "E per quali ragioni?". Bacato rispose:
"Per molte questioni. Spero, grazie alle preghiere della vostra santità,
di tornare e di inchinarmi davanti alle vostre orme sante". Allora San
Simeone gli disse: "Disgraziato, non vorrai dire che stai per agire
contro l'uomo di Dio. Ma la tua strada non ti è favorevole e non
rivedrai più la tua casa. Se vuoi seguire il mio consiglio, lascia
queste parti e corri da lui a chiedergli perdono, se sarai ancora vivo
quando arriverai in quel luogo". Immediatamente Bacato fu colto dalla
febbre. I suoi compagni di viaggio lo misero su una lettiga ed egli si
affrettò, secondo la parola di San Simeone, a raggiungere Abba Gelasio e
a chiedergli perdono. Ma quando giunse a Beirut, morì senza rivedere la
sua casa, secondo la profezia del vecchio. È stato suo figlio, anch'egli
chiamato Bacato, a raccontarlo a molti uomini fidati, nello stesso
momento in cui raccontava la morte del padre.
3. Molti dei suoi discepoli raccontavano anche quanto segue: Un giorno
qualcuno aveva portato loro un pesce e, una volta cotto, il cuoco lo
portò al cellerario. Un motivo urgente costrinse quest’ultimo a lasciare
il magazzino. Così lasciò il pesce a terra in un piatto, chiedendo a un
giovane discepolo di Abba Gelasio di occuparsene per un po' fino al suo
ritorno. Il ragazzino fu preso dal desiderio e cominciò a mangiare il
pesce con avidità. Il cellerario al suo ritorno, trovandolo che
mangiava, si arrabbiò con il bambino che era seduto a terra e senza
badare a ciò che faceva gli diede un calcio. Colpito in una parte
mortale, per la forza demoniaca, il giovinetto emise lo spirito e morì.
Il cantiniere, preso dalla paura, lo adagiò sul proprio letto, lo coprì
e andò a gettarsi ai piedi di Abba Gelasio, raccontandogli l'accaduto.
Gelasio gli consigliò di non parlarne con nessuno e gli ordinò di
portare il ragazzo, quando tutti fossero andati a riposare la sera, al
diaconicum, di metterlo davanti all'altare e poi di ritirarsi. Giunto al
diaconicum, il vecchio continuò a pregare; all'ora della salmodia
notturna, quando i confratelli si riunirono, il vecchio si ritirò,
seguito dal piccolo discepolo. Nessuno seppe cosa era stato fatto,
tranne lui e il cellerario, fino alla sua morte.
4. Non solo i suoi discepoli, ma anche molti di coloro che lo
incontrarono, raccontarono spesso di Abba Gelasio. Al tempo del sinodo
ecumenico di Calcedonia, Teodosio, che aveva preso l'iniziativa nello
scisma di Dioscoro in Palestina, prevedendo che i vescovi sarebbero
tornati alle loro chiese particolari (perché anche lui era presente a
Calcedonia, espulso dalla patria perché il suo destino era quello di
fomentare problemi), si precipitò da Abba Gelasio nel suo monastero. Gli
parlò, opponendosi al sinodo, dicendo che l'insegnamento di Nestorio
aveva prevalso. Con questo mezzo pensava di conquistare il santo uomo e
di portarlo alla sua stessa delusione e al suo scisma. Ma egli, per il
portamento del suo interlocutore e per la prudenza che Dio gli aveva
ispirato, comprese la natura dannosa delle sue parole. Non solo non si
unì a questo apostata, come fecero quasi tutti gli altri, ma lo mandò
via coperto di rimproveri. Anzi, fece venire in mezzo a loro il giovane
bambino che aveva risuscitato dai morti e parlò così, con grande
rispetto: "Se vuoi discutere sulla fede, hai vicino a te chi ti
ascolterà e ti risponderà; per quanto mi riguarda, non ho tempo di
ascoltarti". Queste parole riempirono Teodosio di confusione. In fretta
e furia partì per la città santa e lì portò tutti i monaci dalla sua
parte, con il pretesto di un fervente zelo. Poi, sfruttando questo
aiuto, si impadronì del trono di Gerusalemme. Aveva preparato tale
posizione per sé con assassinii e fece molte cose contrarie alla legge
divina e ai precetti canonici. Divenuto padrone e raggiunto il suo
scopo, imponendo le mani a molti vescovi per metterli sui troni dei
vescovi che non si erano ancora ritirati, fece venire da sé Abba
Gelasio. Lo invitò nel santuario, cercando di conquistarlo, pur
temendolo. Quando Gelasio entrò nel santuario, Teodosio gli disse:
"Anatemizza Giovenale". Ma egli rimase impassibile e rispose: "Non
conosco altro vescovo di Gerusalemme all'infuori di Giovenale".
Teodosio, temendo che altri imitassero il suo santo zelo, ordinò di
cacciarlo dalla chiesa, coprendolo di ridicolo. Gli scismatici lo
presero e gli misero intorno delle fascine, minacciando di bruciarlo. Ma
vedendo che nemmeno questo lo faceva desistere né lo spaventava e
temendo una sollevazione popolare, poiché era molto celebre (tutto ciò
gli era stato concesso dalla Provvidenza dall'alto), mandarono via sano
e salvo il nostro martire, che si era offerto in olocausto a Cristo.
5. Di lui si diceva che in gioventù aveva condotto una vita di povertà
come anacoreta. A quel tempo nella stessa regione c'erano molti altri
uomini che, con lui, avevano abbracciato la stessa vita. Tra loro c'era
un anziano di grandissima semplicità e povertà, che visse fino alla fine
in una sola cella, anche se in età avanzata aveva dei discepoli. I
particolari atti di ascetismo di questo vecchio erano stati di guardarsi
dall'avere due tuniche e fino al giorno della sua morte di non pensare
all'indomani mentre era con i suoi compagni. Quando Abba Gelasio, con
l'assistenza divina, fondò il suo monastero, ricevette molti doni e
acquistò anche bestie da soma e bestiame, necessari per il monastero.
Colui che all'inizio rivelò al divino Pacomio che avrebbe costruito un
monastero, gli venne in aiuto per tutta la durata della fondazione.
L’anziano, di cui abbiamo parlato sopra, vedendolo impegnato in questo,
e volendo conservare il grande amore che aveva per lui, gli disse: "Abba
Gelasio, temo che il tuo spirito sarà reso schiavo dalle terre e da
tutti gli altri beni del monastero". Ma egli rispose: "Il tuo spirito è
più schiavo dell'ago con cui lavori che lo spirito di Gelasio di questi
beni".
6. Si dice che Abba Gelasio fosse spesso assalito dal pensiero di andare
nel deserto. Un giorno disse al suo discepolo: "Fammi il favore,
fratello, di sopportare qualsiasi cosa io faccia e non dirmi nulla per
tutta questa settimana". Presa una canna, cominciò a camminare nel suo
piccolo atrio. Quando fu stanco, si sedette un po', poi si alzò di nuovo
per camminare. Quando arrivò la sera, disse a sé stesso: "Chi cammina
nel deserto non mangia pane, ma erbe; quindi, poiché sei stanco, mangia
qualche verdura". Lo fece, poi disse di nuovo a sé stesso: "Chi è nel
deserto non si corica in un letto, ma all'aria aperta; fai lo stesso".
Così si sdraiò e dormì nell'atrio. Camminò così per tre giorni nel
monastero, mangiando qualche foglia di cicoria la sera e dormendo tutta
la notte all'aria aperta e si stancò. Allora, riprendendo il pensiero
che lo turbava, lo confutò con queste parole: "Se non sei in grado di
compiere le opere del deserto, vivi pazientemente nella tua cella,
piangendo i tuoi peccati, senza vagare qua e là. Perché l'occhio di Dio
vede sempre le opere dell'uomo e nulla gli sfugge ed egli conosce coloro
che fanno il bene".
GERONTIOS
ἀββᾶς Γερόντιος
1. Abba Geronzio di Petra diceva che molti, tentati dai piaceri del
corpo, commettono fornicazione non nel corpo ma nello spirito e, pur
conservando la verginità corporea, si prostituiscono nell'anima. Perciò
è bene, mio caro, che tu faccia ciò che è scritto e che ciascuno
custodisca il proprio cuore con ogni vigilanza" (Prov. 4, 23).
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